Letteratura: quel ponte (traballante) tra i popoli

La letteratura è un ponte tra i popoli, costruito con assi che tengono nel tempo. Su quel ponte passano generazioni e generazioni, che hanno riferimenti diversi, e categorie e interpretazioni dei fatti e dei fenomeni diverse, rappresentazioni, metafore, simboli diversi, urgenze e sogni e linguaggi diversi. Su quel ponte passano genti che hanno pensieri diversi, ragioni e sentimenti diversi,  logiche, grammatiche,  sintassi diverse.

L’articolo di Amos Oz mi riporta ad un’altra riflessione della scrittrice turca  Elif Shafak. Lei dice di essere una contastorie, di credere nel potere delle storie, nella magia delle parole, perché le parole creano connessioni, ci rendono più consapevoli, più umani, più compassionevoli. Dice che i libri possono guidarci, ispirarci, svegliarci; a volte anche salvarci. La letteratura ci aiuta a rimetterci in contatto con gli altri esseri umani in modo molto più profondo, attiva la nostra immaginazione, il pensiero, le emozioni, le riunisce.

Non ad altro che a questo è sempre servita la letteratura, sostanzialmente: ad esprimere l’indispensabilità della  prossimità delle esistenze, a rappresentare il valore della diversità delle esperienze, a disegnare volti  nei quali cercare rassomiglianze e differenze. A proporre un catalogo dei destini. 

E’ vero. Abbiamo bisogno di rimetterci in contatto con gli altri esseri umani in modo molto più profondo, perché soltanto scandagliando le profondità possiamo capire il nostro essere umani. Le emozioni si generano nella profondità. Le passioni, le paure, hanno la loro residenza nella profondità. La letteratura ci insegna a cercare nella dimensione della profondità. Con la sua ambivalenza, con le sue metafore,  con la sua carica metonimica, con i suoi giochi di specchi, con i riflessi, con la sua finzione, ci insegna a cercare l’essenziale di ogni esistenza custodito dalla profondità. Anche quando sembra che voglia svagare, che voglia distogliere dagli affanni, che intenda semplicemente intrattenere, ci sta insegnano ad essere più consapevoli, più umani, più compassionevoli.

Ma alle volte si ha l’impressione che il ponte sia  pericolante. Mi scuso per l’ulteriore citazione ma le parole richiamano altre parole, sempre, inevitabilmente. Così succede che Oz e Shafak mi conducano verso le prime pagine di un libro di Tzvetan Todorov che si intitola “La letteratura in pericolo”.

Dice Todorov che la letteratura permette a ciascuno di rispondere meglio alla propria vocazione di essere umano.

Ma che cos’altro deve fare un uomo, ogni uomo, se non tentare giorno dopo giorno di rispondere alla propria vocazione di essere umano, se non tentare di rispondere sempre meglio, giorno dopo giorno. Ma per tentare di rispondere meglio, probabilmente ha bisogno della letteratura. Anche quando sembra che la letteratura serva a trastullare. Gli uomini hanno necessità anche del trastullo, qualche volta. Per tentare di rispondere meglio ha bisogno di quel ponte fatto con assi forti, che tengono bene. Allora si spera che quell’impressione  che il ponte sia  pericolante risulti falsa:  fortunatamente  falsa.  

 [“Nuovo Quotidiano di Puglia”, domenica 2 ottobre 2022]

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