di Antonio Devicienti
L’uomo cavallo, inchiostrata forma ritta tra i bianchi squadrati muri dell’edificio, si muoverà dentro un tempo sospeso e verrà a sollecitare sogni, visioni, stupefazioni.
Una Provenza coniugata al tempo futuro, ma non nel senso banale e diffuso di quest’espressione: tra queste mura Orione, “colorato d’infinito”, farà sosta nel suo viaggio per raggiungere la Stella Polare di cui è innamorato; soltanto un incessante amor de lonh potrà legare noi tutti alla nostra Provenza interiore perché la Provenza sarà una delle patrie (o màtrie) del nostro significare; perché un uomo cavallo che si aggiri tra quegli spazi assolati porterà tra i palmi delle mani un pensiero meridiano ancora capace di restituirci a noi stessi.
NOTA: la fotografia appartiene a una serie che Lucien Clergue scattò durante le riprese del film Le testament d’Orphée sceneggiato e diretto da Jean Cocteau in diversi luoghi della Provenza nel settembre del 1959 e proviene dal sito dedicato al fotografo https://lucien-clergue.com/
“Colorato d’infinito” è citazione diretta di Orion, pigmenté d’infini da Aromates chasseurs di René Char.
“Màtria” è espressione che ho preso in prestito da Mario Luzi.
Il “pensiero meridiano” è, ovviamente, commosso omaggio alla memoria di Franco Cassano.