Allo stesso modo, suscitano urgenti e dolorose domande i fatti dell’11 di settembre, l’attacco alle Torri gemelle di New York, la cui scena è ancora impressa nella mente di ciascuno di noi:
“Rifletti America. / Quale fu la madre di tant’odio? / Per quale forza satanica / il piano fu a lungo preparato / E nascosto e taciuto / Per deflagrare inatteso e micidiale? / Per quale ostinazione diabolica / uomini disprezzarono la vita / pur di recarti male immenso?” (Discorso per l’America 4. Ragionamento, p. 28).
Nessun antiamericanismo in Giannini, ma certo una dura presa di posizione contro l’apparato militare-industriale degli USA, foriero di tanti lutti. Rivolgendosi all’America, il poeta scrive: “Non ascoltare i tuoi generali: / hanno il cuore di ghiaccio, come la morte / che preparano ai loro soldati.” (Discorso per l’America 5. Ammonimento, p. 29).
Intriso di memorie classiche il Viaggio in Grecia 2011-2012, con le sue tappe canoniche ad Atene, a Delfi, a Micene, Olimpia, Pilo, Sparta. Chi, viaggiando ad Olimpia, non ha improvvisato una corsa nello stadio deserto, dove gareggiavano gli atleti campioni di Grecia? “E noi nel vuoto dello stadio / Improvvisiamo nostalgiche corse. (Olimpia, p. 38).
O chi, camminando oggi per la cittadina di Sparta, non ha notato che, rispetto alle glorie del passato “Oggi Sparta è una grigia / ordinaria città.” (Sparta, p. 38)?
La grandezza del passato è dunque irrecuperabile, come è irrecuperabile il tempo della giovinezza. Davanti al ballo delle ragazze, al suono del timpano, il poeta constata: “Ma ormai per me è troppo tardi / Per rispondere al suo malioso invito.” (Micene 2, p. 36).
Ben altri problemi assillano quelle genti. L’ultima sezione del libro, Migranti nell’Egeo, segnala l’infinita distanza tra un mondo vagheggiato negli studi e la realtà triste del momento: “A Lesbo non giungono fanciulle / sbarcanti da navi infiorate / desiderose // di eleganza, di musica e d’amore. / Oggi rovinano sugli scogli aguzzi / gommoni di plastica stipati / di donne anziane, // di uomini, di bambini e di lordura.” (Lesbo, p. 45).
Sicché l’auspicio del poeta è che costoro non vengano respinti in nome di quell’ospitalità che l’ombra di Omero ricorda come uno dei valori fondanti della civiltà greca e, dunque, occidentale: “Sopra le rocce, – che dominano l’aspra scogliera, / l’ombra di Omero – dalla vicina casa degli Omeridi / accorre lieve e, col suo canto, garante / si fa delle legge ospitale – che il popolo greco / professa in eterno: – accogliere sempre chi arriva.”
Ottimo auspicio, troppo spesso disatteso, come dimostrano le cronache di tutti i giorni. Un ringraziamento a Pietro Giannini per averci ricordato, oggi, mentre taluni affilano le armi per nuovi respingimenti, che la civiltà di un popolo si decide dal suo senso dell’ospitalità.
[“Il Galatino” anno LV – n. 14 – 16 settembre 2022, p. 6]