Probabilmente ci si deve fidare dell’intelligenza umana. Perché quell’intelligenza ha generato la scienza e l’arte, ha innalzato cattedrali di conoscenza. Quell’intelligenza è capace di scandagliare i fondali misteriosi della coscienza. Ecco. Questa è una cosa che la macchina non potrà mai riuscire a fare: lo sprofondamento nell’inconscio individuale e sociale. Per indagare una coscienza bisogna avere coscienza, e una macchina non potrà mai avere una coscienza. In una poesia che s’intitola “Nel Duemila”, scritta nei suoi ultimi anni, una di quelle in cui si faceva sempre più intimo, dimesso, colloquiale, sempre più attento alle sfumature dei particolari, Eugenio Montale diceva: “Eravamo indecisi tra/ esultanza e paura/alla notizia che il computer/ rimpiazzerà la penna del poeta./ Nel caso personale, non sapendolo/usare, ripiegherò su schede/che attingono ai ricordi/per poi riunirle a caso./E ora che m’importa / se la vena si smorza/insieme a me sta finendo un’era”.
Esultanza e paura, diceva Montale. La tecnologia e le sue proiezioni e le sue evoluzioni danno esultanza e paura. Esultanza per ogni sviluppo positivo, che rende meno dura la vita delle creature; paura per le prospettive di sviluppo che possono sottomettere quelle creature. Ma ci si deve fidare. Non si può fare altro. Ci si deve fidare del buon pensiero degli uomini di scienza, di quelli che possiedono conoscenze e competenze, della loro capacità di non di fermarsi davanti ad una possibilità, ad una scoperta, ma anche di valutarne l’opportunità d’impiego. Perchè, senza alcun dubbio, si arriverà ad un punto in cui si dovrà scegliere. E’ già successo. Probabilmente succede ogni giorno che si debba scegliere che uso sia giusto fare della tecnologia. Si tratta di una antica consapevolezza, in fondo. Diceva Francesco Bacone:“ le arti meccaniche sono di doppio uso, si prestano al male e offrono nello stesso tempo il rimedio, giacchè hanno il potere di sciogliere i loro stessi raggiri”.
Una macchina, un inganno. L’associazione che viene immediata è quella con un cavallo di legno che nasconde il nemico e serve a mettere a ferro e fuoco una città.
Allora, davvero, non si può fare altro che fidarsi dell’intelligenza dell’uomo. Ma soprattutto della sua sensibilità, del suo sentimento nei confronti dell’umanità.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 18 settembre 2022]