Trent’anni sono pochi per salvare la Terra

Dice che  finora siamo stati fortunati per il fatto che la giusta combinazione massa-distanza dal sole  e un campo magnetico che ci protegge dalle cattiverie dello spazio, ci hanno permesso di mantenere l’atmosfera originaria. Senza queste condizioni non avremmo la quantità di effetto serra naturale, per cui la superficie della terra avrebbe una temperatura media al di sotto dello zero e anziché bere acqua sgranocchieremmo ghiaccio.  “Dobbiamo stare attenti a conservarcela bene la nostra atmosfera e in generale conservare tutto il pianeta col suo delicato equilibrio globale, soprattutto quando andiamo a capire come produrre l’enorme quantità di energia che l’umanità continua a volere, sempre di più”.

Se degli uomini di scienza ci fidiamo, allora dobbiamo stare attenti: davvero molto attenti. Potremmo arrivare ad un punto tale da  non avere più la possibilità di dire che qualcuno usa toni da catastrofe.

Un altro pianeta sul quale andare forse non esiste. Dobbiamo per forza di cose salvare questo. Non c’è un’alternativa. In un’intervista a “Repubblica” di qualche tempo fa, Jared Diamond, biologo, geografo, linguista, ornitologo, premio Pulitzer per il  suo saggio “Armi, acciaio e malattie”, disse:  abbiamo trent’anni di tempo e poi sarà finita. Se continueremo a trattarla nel modo in cui la maltrattiamo, fra trent’anni avremo completato la distruzione della terra.

L’allarme di  Diamond,  potrebbe anche evocare, in qualche modo, quell’epigramma di Andrea Zanzotto, che dice così:  “in questo progresso scorsoio/non so se vengo ingoiato/ o se ingoio”.

Le parole di scienziati, le parole di poeti, come severi ammonimenti, come imploranti esortazioni perché non si giunga all’irreparabile, all’assolutezza della distruzione. Perché si recuperi una coscienza del tempo, della terra, un sentimento del proprio essere in un tempo e in un luogo, fabbricanti di un progresso, di una civiltà, di uno sviluppo senza maschere, trucchi, menzogne.

Abbiamo trent’anni di tempo per salvare il pianeta. Passato questo tempo non serviranno più avvisi, esortazioni, implorazioni. Non servirà più la scienza. Sarà troppo tardi finanche per qualsiasi disperato sussulto di coscienza. Certo, si potrebbe confidare nell’istinto di sopravvivenza. Ma fino a questo punto non ha agito neppure questo istinto. Fino a questo punto ha agito soltanto l’egoismo, e l’incoscienza. Abbiamo il tempo di trent’anni. Dopo questo tempo non ci potrà essere nessun progetto e forse neppure nessuna speranza.  Dopo questo tempo potrà restarci soltanto la dolceamara nostalgia dei sopravvissuti. Come in quella canzone di Francesco Guccini in cui la realtà del passato raccontata da un vecchio ad un bambino sembra che sia il paesaggio inventato di una fiaba. 

Come i due giovani pesci della storiella, non sappiamo che cosa sia l’acqua della realtà. Ma quell’acqua della realtà potremmo  ritrovarcela avvelenata. A quel punto, facendo il confronto, capiremmo che cosa sia davvero l’acqua. Ma Dio non voglia. Non lo vogliano  neanche quelle creature (umane) che abitano il pianeta Terra.  Un altro luogo dove rifugiarsi forse non esiste. Ma  pure ipotizzando  che esista, si trova  davvero lontano lontano, che per arrivarci non basta una vita.  

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 11 settembre 2022]

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