Trent’anni sono pochi per salvare la Terra

di  Antonio Errico

Ci sono due giovani pesci che nuotano. A un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?”. I due pesci giovani nuotano ancora un  poco, poi uno guarda l’altro e fa: “Che cavolo è l’acqua?”.

La storiella è abbastanza nota e attribuita, con leggere varianti, a diversi autori. Di sicuro si sa che con questa storiella, il 21 maggio del 2005, David Foster Wallace cominciò il suo discorso ai laureandi del Kenyon college.

L’acqua è la realtà di cui facciamo parte, con cui ci confrontiamo, costantemente, ad ogni istante. Normalmente non ci domandiamo che cosa sia e come sia la realtà, perché ad essa apparteniamo, completamente. Il pianeta Terra è una realtà straordinaria. Strabiliante. Le creature che abitano il pianeta sono una realtà straordinaria. Strabiliante. Allora non si capisce per quale ragione le creature (umane) di questo pianeta lo stiano annientando. Eppure sanno che non c’è un posto diverso dove possano andare.

Quando lo avranno  surriscaldato, quando ne avranno stravolto tutti gli equilibri, quando si sentiranno strangolare dall’inquinamento, non avranno un altro posto dove andare. Quando avranno distrutto tutte le foreste, e i ghiacciai si saranno squagliati,  e il livello del mare si sarà alzato fino ad arrivare dentro le case, non avranno un altro luogo dove andare.  Dicono alcuni rapporti autorevoli che per cercare di mettere riparo abbiamo il tempo di pochi decenni, che in faccende di questo genere corrispondono agli istanti. Dopo di che da queste parti diventerà una pietraia sterminata.

In un libro affascinante che s’intitola Cosa resta da scoprire,  Giovanni Bignami, astrofisico di fama mondiale, dice che bisogna stare attenti a quello che succede nell’atmosfera. 

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