Manco p’a capa 107. A che serve la proprietà di linguaggio

In questi giorni sono ossessionato (si fa per dire) da un’uscita editoriale presente in quasi tutte le edicole. Si chiama Insetti da tutto il mondo. Ho comprato il primo fascicolo: è su uno scorpione. Ora, questa scelta è un po’ come se ci fosse una bella serie di fascicoli sulla letteratura italiana e la prima uscita fosse Shakespeare! Gli scorpioni non sono insetti. Mentre le formiche sì che sono insetti. Nel fascicolo di lancio ci sono immagini di scolopendre e di ragni, oltre che di insetti.

Probabilmente sarò considerato un fanatico per denuciare tali assurdità zoologiche.

Questo, però, denuncia una profondissima mancanza di cultura sulla natura. Se si fa un errore madornale sulla letteratura, si è degli zotici ignoranti, ma se si confonde un ragno con una formica no. E basta essere appassionati di qualcosa per essere dipinti come specialisti di quella cosa.

Spiego il concetto con un piccolo aneddoto.

TANTI anni fa, a Lecce, una famosa associazione ambientalista organizzò una mostra sui cetacei (balene e delfini). Venne il vicepresidente di quella associazione ad inaugurare la mostra con una dotta conferenza e io, da zoologo, mi accomodai tra il pubblico. Sono un architetto, inizò il vicepresidente, ma sin da ragazzo, dalle barche di mio padre, ho provato fortissime emozioni nel vedere balene e delfini. E anche oggi, dalla mia barca, vedere questi magnifici animali mi procura emozioni profonde: e sono un cetologo.

Proprio come Braibanti era un mirmecologo, presumo.

So bene che non c’è nulla di più irritante di un membro del pubblico che, alla fine della conferenza, alza la mano e, col ditino alzato, corregge l’oratore e cerca di convincere gli altri che avrebbero dovuto invitare lui, e non l’oratore, a tenere la conferenza. Per fortuna ho avuto un po’ di tempo per pensare al mio commento. Alla fine alzo la manina e dico: scusi, ma se basta amare molto qualcosa (in questo caso le balene e i delfini) per definirsi specialista di quel qualcosa (in questo caso un cetologo), allora Berlusconi è un ginecologo!

Risata generale: colpito e affondato.

Il fatto è che nessuno trova strano che un appassionato di balene sia definto un cetologo (e un appassionato di formiche sia definito un mirmecologo) mentre questo appare immediatamente assurdo in altri ambiti, come la ginecologia.

Lo stesso dicasi per gli ecologi (che si occupano professionalmente di ecologia) e gli ecologisti (che hanno molto a cuore l’ambiente). Se si devono affrontare problemi che riguardano l’ambiente si devono chiamare gli ecologi, non gli ecologisti. Non possiamo mettere un dongiovanni a dirigere il reparto di ginecologia di un ospedale, perché il tema del reparto “gli piace tanto”. Braibanti amava le formiche, e si preoccupava per l’ambiente. Tutt’al più possiamo dire che era un mirmecofilo e un ecologista. Non un mirmecologo e un ecologo. Chi ama tanto gli animali è uno zoofilo, chi studia gli animali è uno zoologo.

La necessità di queste precisazioni indica lo stato delle nostre conoscenze nello studio della natura. Una tragedia nazionale visto che siamo chiamati a effettuare la transizione ecologica senza avere una cultura della natura.

Il caso Braibanti è una macchia, una delle tante, dei nostri rapporti con la diversità. Andrò a vedere il film e spero che mi permetterà di capire meglio il rapporto tra Braibanti e le formiche, magari per rendermi conto che era davvero un mirmecologo e non un mirmecofilo. I pescatori hanno profondissima conoscenza del mare anche se non producono pubblicazioni scientifiche sull’argomento. E quindi sono conscio che potrei sbagliarmi e che Braibanti era davvero un mirmecologo: un collega zoologo. Ne sarei fiero. 


[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 7 settembre 2022]

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