“L’esperienza poetica” era articolata al suo interno in quattro sezioni: Poesie, Saggi, Saletta, riservata alle polemiche, e I libri, dove erano ospitate le recensioni. Ogni fascicolo era aperto dall’editoriale, non firmato, del direttore, che esponeva la linea del periodico, anche se tra i collaboratori si possono rintracciare posizioni diverse. La rivista bodiniana infatti non era “di tendenza”, nel senso che non era schierata apertamente a favore di una determinata corrente letteraria né intendeva crearne una nuova. Lo scopo principale, come scrisse Bodini nell’editoriale premesso al secondo numero, dal titolo Non è una poesia da serra (aprile-giugno 1954), era quello di documentare la “tendenza di rinnovamento” in atto nella poesia italiana, nella convinzione che questa non fosse morta nel 1945, come sosteneva certa critica, ma che fosse solo differente da quella “pura”, “assoluta”, “intemporale” dell’anteguerra. E la sua rivista voleva mostrare per l’appunto “questo sforzo transitivo della poesia sugli oggetti e passioni del mondo, ma a patto che gli uni e gli altri si accendano di una significazione fantastica”. Il che voleva dire che era necessario per i poeti uscire fuori dalla “prigione di parole” in cui si erano rinchiusi gli ermetici e confrontarsi invece col reale, con la società, con il tempo, senza peraltro rinunciare allo scatto inventivo, alla fantasia, all’immaginazione, proprio come aveva tentato di fare lui stesso con la sua prima raccolta.
Non a caso, le polemiche principali furono condotte, da un lato, nei confronti del post-ermetismo e, dall’altro, del neorealismo marxista, del quale si rifiutava il grezzo contenutismo e l’esplicita compromissione con la politica. A questa “falsa alternativa”, che presentava l’Italia “ufficiale”, Bodini dichiarò più volte di essere “indifferente”. In questo contesto si giustifica anche l’aspra polemica con il conterraneo e amico Oreste Macrì, a cui rimproverava di essere rimasto fermo sulle posizioni d’anteguerra, in una difesa ad oltranza dell’ermetismo, senza accorgersi del mutato cambiamento del clima poetico.
All’interno dell’ermetismo, però, egli distingueva tra una linea “fiorentina”, ortodossa ed estetizzante, e una “meridionale”, che nel secondo dopoguerra aveva saputo rinnovarsi sia nei temi che nel linguaggio. E di questa seconda linea, alla quale in fondo apparteneva anch’egli, recuperava i principali rappresentanti, da Salvatore Quasimodo a Alfonso Gatto, da Leonardo Sinisgalli a Libero De Libero e a Raffaele Carrieri, questi ultimi tre presenti pure sulle pagine della rivista. Quasimodo, in particolare, che allora subiva attacchi da molteplici fronti per le sue coraggiose scelte poetiche e ideologiche, venne difeso da Bodini, che lo elesse a ideale modello di quel “rinnovamento” da lui auspicato, definendolo, in un articolo di quel periodo, l’ “iniziatore della poesia meridionale”.
Uno dei meriti principali della rivista è stato quello di aver dato fiducia a giovani poeti, affermatisi in seguito tra i migliori della loro generazione. All’“Esperienza poetica” collaborarono infatti Luciano Erba e Bartolo Cattafi, Umberto Bellintani e Lucio Piccolo, Gian Piero Bona e Paolo Volponi, Pier Paolo Pasolini e Andrea Zanzotto, Margherita Guidacci e Biagia Marniti. Sul primo numero figurano anche alcune poesie del lucano Rocco Scotellaro, morto improvvisamente qualche mese prima. Ma, accanto ad essi, sulle pagine della rivista bodiniana si incontrano anche nomi di poeti più anziani come Giorgio Caproni e i già citati Sinisgalli, De Libero e Carrieri.
Anche il dibattito critico fu molto vivace, con contributi di notevole interesse. In questo campo, tra i collaboratori, si segnalano i nomi di Rosario Assunto, Folco Portinari, Mario Costanzo, Giovanni Giudici, Mario Boselli, Mario Agrimi, Leonardo Sciascia, Gianni Scalia, Giancarlo Vigorelli, Arcangelo Leone De Castris e degli stessi Bodini e De Rosa. Quest’ultimo, in particolare, prese in esame fra l’altro, nei suoi articoli, i due poeti-simbolo della nuova stagione poetica: Quasimodo e Scotellaro.
Nata e ideata, come s’è detto, in un’area geografica e culturale decentrata come la Puglia, “L’esperienza poetica” fece della “cospirazione provinciale” la sua bandiera. Consapevole “del dissidio esistente in Italia fra la nazione e le sue provincie, fra Italia ufficiale e Italia reale” (La cospirazione provinciale, n. 5-6, gennaio-giugno 1955), lo scrittore leccese contrappose infatti alla problematica nazionale, che gli sembrava vuota e artificiosa, la concretezza, l’autenticità della provincia, cercando anche di rioperare un esame della cultura “dal punto di vista della provincia”, fino ad arrivare a una sorta di “separatismo provinciale”. E anche qui non può sfuggire il rapporto esistente con la poesia di Bodini, che aveva messo al centro della sua immaginazione la propria terra, reinventandola e assegnandole una valenza di carattere universale.
“L’esperienza poetica” insomma si può collocare su quella via di sperimentazione letteraria che poi verrà continuata dalla bolognese “Officina” e dal “Verri” di Anceschi. Questo carattere venne rivendicato dal direttore nell’ editoriale dal titolo Fare i nomi (n. 7-8, luglio-dicembre 1955), in cui definiva lo “sperimentalismo” la volontà “di saggiare, di provocare delicatamente la natura della nuova poesia, di indagarne e verificarne attentamente le ragioni, prima di convincerci e di cercar di convincere col rumore di averle trovate”.
Nel numero 9-11 di gennaio-settembre 1956 lo scrittore cercò una più compiuta sistemazione ideologica per la sua rivista nella riscoperta di una letteratura nazional-popolare e socialmente “utile”, sulla scia di una linea che dall’ottocentesca “Antologia” e da Mazzini arrivava fino a Gramsci passando attraverso De Sanctis. Ma questa originale proposta non ebbe il tempo di concretizzarsi, in quanto, anche a causa dei gravosi impegni di lavoro di Bodini come studioso e come traduttore, “L’esperienza poetica” con quel fascicolo cessò le sue pubblicazioni.
[In A.L. Giannone, Modernità del Salento. Scrittori, critici, artisti del Novecento e oltre, Galatina, Congedo, 2009]