2.
La lezione di Cézanne è implacabile disciplina, rigore d’attenzione e cura.
I giorni di Château Noir echeggiano, lezione di luce e di assetati passi.
Sei dunque, pensée en marche, ovunque il pittore vada, tu lo attendi e, al contempo, lo accompagni.
: pensiero andante, wandernder Gedanke, pensée en marche :
Sta nel bianco tra le campiture di colore, in quei solchi dove tutti i colori sono compresenti e generano il bianco, è in quei corridoi di silenzio e di sospensione, di attesa e di aria inspirata, lì.
3.
Rien ne désaltère mon pas scrive in conclusione di Dans la chaleur vacante André du Bouchet – Paul Celan traduce: Nichts stillt den Durst meines Schrittes.
E si tratta della medesima sete che muoveva i passi del pittore.
Celan conosceva il paesaggio bretone, vi aveva visto i menhir e ne aveva scritto:
Wachsendes
Steingrau.
Graugestalt, augen-
loser du, Steinblick, mit dem uns
die Erde hervortrat, menschlich,
auf Dunkel-, auf Weißheidewegen,
abends, vor
dir, Himmelsschlucht.
Crescente
grigio della pietra.
Forma del grigio, tu
privo d’occhi, sguardo della pietra con cui
la terra ci sorgeva davanti, umana,
sui sentieri della brughiera buia, bianca, innanzi
a te, abisso del cielo.
La pietra si offre allo sguardo del pittore: riaffiora la memoria primordiale della terra, stratificazioni di sommovimenti e di fratture.
E il paesaggio – non falsificato e non anestetizzato – non pittoresco e non stilizzato – si protende oltre sé stesso, scompare, diventa quello che è: pensiero, luce, andanza di andanze, blu che sorge.
4.
LITOGRAFIE: i solchi (o tracce) sulle lastre accoglieranno il colore, la carta sarà continente permeabile e accogliente: impronte sull’acqua, trasparenti e trascoloranti, s’illumineranno le forme della visione, il pensiero vedrà, allora, sé stesso.
(Il tempo verbale dell’arte è sempre al futuro).
Campi arati, uccelli in volo traverso riflessi di luce, pietra affiorante:
lo sguardo non imita, non copia, ma
vede
ma percorre
i sentieri del dipingere, erba smossa dal vento atlantico, pietre levigate dalle piogge, foreste.
Grumi di colore, stratificazioni di colore, superfici trascoloranti.
Il pensiero ha la natura medesima delle scabrosità della corteccia del castagno, le porosità dei muschi sulle rocce, gli addensamenti del salino sui tronchi spiaggiati.
5.
I finestroni dell’atelier che lasciano filtrare il variare della luce cadenzano il tempo ciclico della visione.
La luce, iride di colori, non illumina le cose, è le cose – i colori per dire la luce non imiteranno, non descriveranno, non illustreranno: bruceranno nella loro verità di luce, s’annulleranno per dire meglio e più amorosa mente.
Roberto Grossatesta avrebbe riconosciuto questi luoghi del pensiero e della visione, anche se questa luce in quest’atelier dell’arte e del pensiero è supremamente terrestre.
E le fiamme di candela o di lume a olio di Georges de la Tour?
E la luce del Faro d’Islanda di Claudio Parmiggiani?
6.
Le réel c’est toujours ce qu’on n’attendait pas … le «Ah!» des choses à même le cri de l’homme s’il est poète, à même son geste s’il est peintre. Car si la réalité est imprévisible, son irruption n’a de sens que dans l’espace d’un acte humain Henri Maldiney in Regard Parole Espace (Éditions L’Âge d’Homme, Lausanne 1973 et 1974, p. 23)
[…]
C’était dans l’atelier de Tal-Coat. Le soir tombait. Mais de l’une à l’autre des toiles disposées, la lumière enfouie se pressait à la surface. Dehors? Dedans? La profondeur montait des profondeurs. Et ça et là une toile grise, irradiant, dans l’aigu, des opalescences de silex, rayonnait d’étendue (ibidem,p. 117).
Come potrò dire meglio e più compiutamente del filosofo e dell’amico, del sodale che ha condiviso letture, escursioni, riflessioni?
Tacere, invece – e ascoltare. Certamente guardare.
[“La dimora del Tempo sospeso” (19 febbraio – 30 marzo 2021)]