Prefazione a Michele Saponaro cinquant’anni dopo

            Nel 2008, dagli stessi soggetti poc’anzi citati, fu presentato un secondo progetto che doveva culminare con un Convegno di studi dedicato all’opera di Saponaro da tenersi in occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta a Milano nel 1959. Grazie al nuovo e più cospicuo finanziamento del CUIS è stato possibile realizzare un Convegno internazionale articolato in due giornate e quattro sessioni, nel corso del quale tutti gli aspetti della multiforme attività letteraria di Saponaro, sviluppatasi nell’arco cronologico di oltre mezzo secolo, sono stati sottoposti a un rigoroso esame critico dagli studiosi che vi hanno partecipato: non solo quindi il narratore, ma anche il biografo, l’autore di libri di viaggio e del diario, l’operatore culturale, il drammaturgo e  critico teatrale, il poeta. In quell’occasione è stato ristampato anche un significativo romanzo di Saponaro, dal titolo La casa senza sole, che vide la luce per la prima volta nel 1918-’19, con una introduzione di Enrico Tiozzo, presso l’editore Lupo di Copertino di Lecce.

            Al narratore, autore di numerosi romanzi e di varie raccolte di novelle, apprezzato dalla critica dell’epoca ma escluso successivamente dal canone critico-letterario novecentesco, sono state dedicate due sessioni del Convegno. Sono emerse così alcune importanti acquisizioni critiche che offrono una nuova immagine dell’opera di Saponaro, definitivamente sottratto a quella discutibile categoria di letteratura ‘d’intrattenimento’ o ‘di consumo’ in cui era stato affrettatamente confinato. Egli si è rivelato invece uno scrittore che ha saputo dialogare col suo tempo confrontandosi con i maggiori narratori della fine dell’Ottocento e del primo Novecento: dai veristi a d’Annunzio, da Bontempelli a Pirandello, oltre che con gli esponenti del cosiddetto ‘romanzo blu’, come Guido da Verona e Lucio d’Ambra.

            Nella sua relazione introduttiva (La narrativa di Saponaro tra romanzo blu e ideologia libertaria), Enrico Tiozzo, il maggiore esperto della narrativa italiana dimenticata degli anni Venti e Trenta, ha delineato le caratteristiche generali dell’opera di Saponaro che si colloca, almeno in parte, nel filone del ‘romanzo blu’, cioè del romanzo realista del primo Novecento con temi soprattutto sentimentali, anche se le tirature delle sue opere non raggiunsero quelle di Guido da Verona o di Pitigrilli. Da questi peraltro, come da altri rappresentanti di questo tipo di narrativa, come d’Ambra, Luciano Zuccoli e Mario Mariani, lo differenzia anche la sua posizione ideologica, di matrice socialista e libertaria. Notevole inoltre, in certe sue opere, è la presenza della tematica del proibito e della trasgressività che sembra anticipare esperienze narrative più recenti e famose come quelle di Moravia.

Vale la pena di segnalare, in questa sede, che subito dopo il Convegno Tiozzo ha dato alle stampe una monografia, dal titolo Lo spettatore della vita. Poetica e poesia della contemplazione nella narrativa di Michele Saponaro (Roma, Aracne 2010), nella quale ha compiuto una accurata  rilettura  critica di tutti i romanzi e i racconti dello scrittore di San Cesario, contribuendo in tal modo, insieme al Convegno e ai presenti Atti, a rilanciare il suo nome in campo nazionale.

Gli altri relatori, presenti in queste due sessioni, hanno preso in esame singoli romanzi o aspetti e momenti di particolare rilievo della produzione saponariana, applicando svariati metodi critici che vanno dall’analisi narratologica a quella tematica, dal metodo stilistico all’esame delle varianti. Marinella Cantelmo, ad esempio, nel suo intervento (“La vigilia” 1914: il primo romanzo), dopo aver accennato alla genesi dell’opera e del titolo, ha compiuto un’analisi delle strutture narrative del romanzo d’esordio di Saponaro, che più che un romanzo di formazione si può definire un idillio. Il tratto saliente è l’ambientazione (il natio Salento), ma significativa è anche la figura del protagonista il quale, a giudizio della studiosa, «si iscrive nel voluminoso registro anagrafico degli “inetti” novecenteschi». Luigi Scorrano, invece, nella sua relazione (Un uomo. “L’adolescenza” e “La giovinezza”: scritture dei perduti incanti), dopo aver introdotto il tema dell’adolescenza in letteratura con appropriati esempi, ha esaminato questi due romanzi, apparsi rispettivamente nel 1924 e nel 1926, rintracciando l’elemento comune di essi nell’ambizione da parte dell’autore di «mostrare come l’uomo e lo scrittore abbiano attinto in quei remoti giorni della propria vita la capacità di guardare lontano, di porsi un traguardo da raggiungere agendo e lavorando in solitudine».

Giuseppe Bonifacino nel suo contributo (L’utopia e la favola. Il tenue fantastico di Saponaro), ha preso in considerazione altri due romanzi, estranei alla prevalente tendenza realistico-georgica dello scrittore, La bella risvegliata (1924) e La città felice (1934), e rientranti invece nel filone fantastico, rinvenendo precise suggestioni del romanzo modernista di Bontempelli e Pirandello. Soprattutto le novità del ‘realismo magico’ bontempelliano influenzano Saponaro il quale, dopo averle intercettate, le restituisce al suo pubblico «ma dimidiate e “normalizzate”». La relazione di Beatrice Stasi (L’artista e il mercato: parabole sulla creatività nella narrativa di Saponaro) si è incentrata su Bionda Maria (1936), che non è un romanzo d’amore, come potrebbe sembrare dal titolo, ma si deve considerare una «parabola sulla creatività» che ha il suo principale punto di riferimento ideologico in Carducci. Da un testo del suo indiscusso maestro lo scrittore infatti preleva e sviluppa lo spunto di una «stoccata polemica contro l’asservimento del letterato, usandola per produrre e mascherare una parabola sulla creatività che ne racconta una pur utopica liberazione». Nel suo intervento (“Nostra Madre” e la religione della terra. Michele Saponaro tra idillio e storia), Fabio Moliterni ha messo a fuoco il rapporto con la storia in Nostra Madre (1921), nel quale l’autore utilizzando le consuete procedure stilistiche e formali, offre uno spaccato specifico della storia meridionale, di un Salento scosso dal biennio rosso e dalle occupazioni delle terre.

Alla figura femminile quale è delineata in due romanzi, Io e mia moglie e Il cerchio magico, pubblicati rispettivamente nel 1929 e nel 1939, è stata dedicata la relazione di Patrizia Guida (La figura femminile in due romanzi di Michele Saponaro), la quale ha messo in rilievo le soluzioni originali date da Saponaro in direzione di una scelta autonoma di vita delle due protagoniste e di una compiuta emancipazione della donna, in netto anticipo sui tempi. Le varianti del secondo di questi romanzisono state esaminate poi da Fabio D’Astore nel suo contributo (Le varianti del romanzo “Il cerchio magico”) sulla base di un dattiloscritto presente nell’Archivio, che permette di seguire il lungo e faticoso iter redazionale dell’opera, attestato da numerosissimi interventi autografi, e il maturare di significative scelte operate dall’autore nell’arco di un ventennio.

. Non è mancata infine, in queste due sessioni, nemmeno un’attenzione specifica alle novelle, e in particolare alle prime due raccolte, Le novelle del verde (1908) e Rosolacci (1912), delle quali Marco Leone nella sua relazione (L’avvio di Saponaro narratore) ha individuato con precisione le tre principali matrici ideologico-letterari: la letteratura rusticale, popolare e campagnola; la novellistica di tipo bozzettistico, regionalistico e veristico-macchiaiolo; il racconto verista vero e proprio.

            Anche le biografie di Saponaro hanno ricevuto un’adeguata attenzione da parte dei relatori, come d’altra parte meritano, in una specifica sessione del Convegno. Com’è noto, dopo una lunga serie di romanzi, raccolte di racconti, libri di viaggio, pubblicati con i maggiori editori italiani (prima Treves e poi soprattutto Mondadori) e assai graditi dal pubblico dei lettori, nel 1938 Saponaro abbandonò la narrativa d’invenzione e pubblicò la sua prima biografia, Vita amorosa ed eroica di Ugo Foscolo. Ad essa seguirono quelle su Carducci (1940), Leopardi (1941), Mazzini (due volumi, 1943-44), Michelangelo (1947), Gesù (1949), I discepoli (1952) e Il romanzo di Bettina (postuma, 1959). In tutto, si tratta di ben otto biografie che fanno di Saponaro uno dei cultori più assidui e rilevanti di questo genere letterario nel Novecento.

In questa sessione una presenza particolarmente prestigiosa è stata quella di un Maestro della critica e della filologia come Mario Marti, il quale, da leopardista di chiara fama, nella sua relazione (Rileggendo il “Leopardi” di Saponaro) ha fornito una puntuale rilettura della biografia del grande Recanatese, offrendo anche una testimonianza personale a distanza di quasi settant’anni dalla sua prima scoperta. Ebbene, Marti ritiene che, nonostante i suoi indubbi e oggettivi limiti, quest’opera risulta «gustosa e ancora piacevolmente leggibile» grazie alla capacità dell’autore di «far rivivere intorno al protagonista tutto il vario mondo di cose e di personaggi cui partecipava». Di grande rilievo critico e metodologico è stato anche l’esame della biografia di Mazzini, condotto da uno storico del valore di Bruno Pellegrino, il quale nel suo contributo (Il “Mazzini” di Saponaro) ha dato atto allo scrittore di San Cesario di aver svolto un’indagine accuratissima delle fonti (gli scritti di Mazzini e soprattutto l’epistolario) con notevole scrupolo documentario, delineando compiutamente una figura, nella quale l’autore «ritrovava la sua personale fedeltà ai propri ideali».

In questo ambito, si segnala anche la relazione di Ulla Åkerström (Rilettura di una figura femminile: la biografia di Bettina Brentano von Arnim), su quest’opera apparsa postuma, da cui emerge la visione conservatrice della donna da parte di Saponaro il quale fa di Bettina Brentano una semplice ammiratrice di Goethe, mentre altre biografie più recenti, citate dalla studiosa, la vedono in chiave politica e femminista. Emilio Filieri, nel suo intervento (Dalla “Vita amorosa ed eroica” a “Ugo Foscolo”: Michele Saponaro e la narrazione biografica tra passioni, storia e poesia) si è soffermato invece sulla biografia dell’autore dei Sepolcri, nella quale lo scrittore, utilizzando le sue risorse stilistiche, cerca di rendere la complessità e insieme la vivezza dell’uomo Foscolo, a cui lo lega una sorta di «empatia ideologica». Maria Ginevra Barone infine, nel suo contributo (Fede, storia e invenzione: “Gesù” e “I discepoli”) ha esaminato le due biografie ‘religiose’ che rientrano nella categoria della cosiddetta ‘teologia narrativa’ e si collocano all’incrocio tra biografia, storiografia e romanzo storico. La ricostruzione saponariana della vita di Gesù e dei suoi discepoli offre un’originale interpretazione socio-politica di tali enigmatiche figure, che sembrano realizzare, secondo l’autore, «l’utopia di un comunismo religioso» se non addirittura «una nuova repubblica religiosa e sociale».

Ma il Convegno, come s’è detto, ha inteso offrire una visione a trecentosessanta gradi dell’opera di Saponaro, dedicando una sessione anche ad altri aspetti ugualmente significativi di essa.  Così Carlo Alberto Augieri, nel suo contributo (Può un’incomprensione inattuale diventare critica della modernità?: Riflessioni sulla scrittura diaristica di Michele Saponaro) ha preso in considerazione  il Diario, apparso postumo nel 1962, cogliendo nell’incomprensione, dimostrata dallo scrittore, di tanti aspetti della civiltà contemporanea, compresa l’arte d’avanguardia, una critica della modernità, a causa principalmente della mancanza di senso etico che, a suo giudizio, la caratterizzerebbe.

 Pasquale Guaragnella nel suo intervento (La “Puglia” di Saponaro e l’arte del vedere) ha rivolto l’attenzione a una singolare operetta del 1932, Puglia, appunto, in cui l’autore ci dà una «suggestiva visione» della sua regione, la quale presenta sorprendenti punti di contatto con le corrispondenze ‘pugliesi’ inviate da Giuseppe Ungaretti due anni dopo, nel 1934, al quotidiano torinese «La Gazzetta del Popolo». Sia negli scritti di Saponaro che in quelli di Ungaretti, infatti, il paesaggio della storia pugliese, secondo Guaragnella, è definibile come «luogo individualizzato». La relazione di Giovanna Scianatico (IlViaggio in Norvegia”)è stata incentrata, invece, sul «godibile reportage» dal paese nordico del 1926 che conferma la «dimensione non provinciale» di Saponaro e che viene inserito all’interno di un genere letterario in continua evoluzione, l’odeporica, e specificamente nel filone delle corrispondenze di viaggio dai mari del Nord Europa.

            Anche la produzione poetica di Saponaro, di minore rilievo qualitativo e quantitativo rispetto a quella narrativa, ha ricevuto una specifica attenzione da parte di Gino Pisanò, il quale nel suo contributo (Michele Saponaro poeta) ha rinvenuto nella prima fase (1909) risonanze carducciane, non solo tematiche ma di ordine metrico-prosodico, mentre nelle poesie del 1946-‘47 ha notato un’accentuazione dei toni discorsivi e intimistici. Così pure l’attività svolta in campo teatrale è stata adeguatamente affrontata da Ettore Catalano, che nella sua relazione (La faticosa tristezza del poeta moderno: Michele Saponaro critico drammatico e autore teatrale) ha messo in rilievo la particolare competenza dimostrata dallo scrittore sia come critico attento al problema del rinnovamento teatrale che come autore. Da quest’ultimo punto di vista, egli si è dimostrato, da un lato, aperto a una moderata sperimentazione con una commedia del 1919, Io e i miei desideri, e, dall’altro, rivolto alla rivisitazione di figure classiche anche se investite da problematiche civili, con due tragedie degli anni Cinquanta, Andromaca e Antigone.

            Chi scrive, infine, nel suo intervento, intitolato Da “La Tavola rotonda” alla “Rivista d’Italia”. Saponaro redattore (attraverso le lettere),si è soffermato ancora su un altro aspetto dell’attività saponariana, quello dell’operatore culturale, che emerge soprattutto negli anni in cui egli ebbe la responsabilità diretta, in qualità di redattore-capo, di due riviste, «La Tavola Rotonda» di Napoli (1908-‘09) e la «Rivista d’Italia» di Milano (1918-1920). Ebbene, la corrispondenza presente nell’Archivio rivela la fitta rete di rapporti che lo scrittore  seppe stabilire con i maggiori esponenti della cultura italiana del tempo, dimostrando al contempo la sua non trascurabile statura intellettuale.

[Prefazione a Michele Saponaro cinquant’anni dopo, Atti del Convegno Internazionale di  Studi (San Cesario di Lecce- Lecce, 25-26 marzo 2010), a cura di A. L. Giannone, Galatina, Congedo, 2011]

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