La base sulla quale gli operatori costruiscono le loro aspettative è l’attuale andamento della domanda e dell’offerta. Nel caso del gas, registrano oggi fenomeni rilevanti di razionamento da parte della Russia e formulano le loro previsioni in relazione alla durata prevista del conflitto russo-ucraino: quanto maggiore è la durata attesa, tanto più ci si attende che duri il razionamento e dunque tanto maggiore è il prezzo che ci si aspetta per il futuro. Nel 2022 il volume di gas in arrivo dalla Russia si è ridotto del 36%., principalmente ad opera di Gazprom. Occorre considerare che l’attività speculativa è propria di un numero assai ristretto di operatori economici (di norma, grandi Istituzioni finanziarie) dotate di capitali monetari ingenti. Un numero assai ristretto di operatori economici, dunque, influisce sulle condizioni materiali di vita di milioni di individui. In Italia l’andamento dei prezzi al consumo è definito dall’Arera, l’autorità per l’energia. Al prezzo-base si aggiungono le imposte: l’accisa sulla quantità di energia consumata; l’addizionale regionale (fatta eccezione per le regioni a statuto speciale e la Lombardia); l’iva (10 per cento su consumi inferiori a 480 metri cubi, poi scatta il 22 per cento). Ci sono poi i costi di trasporto. Gli aumenti del prezzo del gas hanno due esiti: o si traducono in aumento dei prezzi dei prodotti finiti delle (molte) imprese che utilizzano gas, o determinano il fallimento di imprese, quelle che non possono caricare sui prezzi gli incrementi di costo a ragione della loro collocazione in mercati concorrenziali. L’esito – aumento dei prezzi o fallimento – dipende dal grado in cui il prodotto finito è sostituibile da parte del consumatore (la cosiddetta elasticità della domanda). Il Governo Draghi ha proposto un intervento di regolamentazione dei prezzi: il cosiddetto price cap. Si tratta di un provvedimento che si imbatte in un problema rilevante. La fissazione di un tetto massimo per il gas deve essere, infatti, coordinata fra acquirenti per essere efficace. Nel caso in esame occorrerebbe l’accordo di tutti i Paesi europei, con l’impegno – di tutti – a non acquistare gas russo al di sopra di un dato prezzo. Ma ciò non è sempre fattibile. Esistono ostacoli politici. In Europa si oppongono i Paesi produttori di gas, in particolare Norvegia e Olanda. Si è poi proceduto alla tassazione degli extra-profitti – nella misura del 25% – con esiti fin qui deludenti, dal momento che su 10 miliardi di euro previsti dalla raccolta di gettito è finito nelle casse dello Stato solo 1 miliardo. Stando al Governo, per l’anno termico 2022-2023 la riduzione della disponibilità di gas verrà coperta dall’ENI con acquisti aggiuntivi dall’Algeria e con Gnl (gas naturale liquefatto). Se la promessa sarà mantenuta, saranno ovviamente contenuti i disagi.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, 24 agosto 2022]