Per la stessa collana, che contribuì a fondare, nel 1997 portò a termine una fatica improba: la cura della monumentale edizione, in due tomi, del poema epico seicentesco Il Tancredi, del leccese Ascanio Grandi, pubblicata quell’anno presso l’editore Congedo di Galatina. Con questo lavoro, ricco di indicazioni linguistiche ed esegetiche ma anche di illuminanti osservazioni critiche, Mangione ha riportato all’attenzione un’opera significativa della civiltà barocca, che ebbe a Lecce e nel Salento, com’è noto, uno spiccato rilievo e una sua originale configurazione, non solo in campo architettonico e artistico, ma anche in quello letterario.
Oltre che a Marti, è stato vicino anche a un altro maestro degli studi letterari, Oreste Macrì, collaborando alla nuova serie della rivista «L’Albero» ripresa proprio da Macrì e Donato Valli nel 1970. Interessato ai rapporti tra letteratura e arte, ha rivolto l’attenzione ad alcuni dei maggiori pittori pugliesi del Novecento come Raffaele Spizzico, Lino Suppressa e Nino Della Notte, da lui conosciuti e frequentati. Di Della Notte curò una splendida monografia nel 1985 con le edizioni Schena di Fasano, in occasione di una grande mostra retrospettiva dell’artista scomparso qualche anno prima. Si è occupato anche dei due maggiori poeti dialettali salentini del secolo passato, il cegliese Pietro Gatti e il magliese Nicola G. De Donno, con i quali stabilì fecondi sodalizi, umani e intellettuali. L’ultima raccolta poetica di De Donno, Filosofannu? Cu lle vite, la Vita? Ma la Vita è scura, del 2002, nasce proprio da uno scambio epistolare con il critico, al punto che il sottotitolo recita, non a caso, Discorrendo con Antonio Mangione.
Negli ultimi anni prese in esame l’opera poetica di Vittorio Bodini, commentando i suoi libri di versi, La luna dei Borboni, Dopo la luna e Metamor, in tre pregevoli volumetti apparsi nella collana “Bodiniana” delle edizioni Besa di Nardò tra il 2006 e il 2010. Qui Mangione ha condotto un lavoro accurato e scrupoloso, offrendo a studiosi, docenti e lettori uno strumento fondamentale di conoscenza e di approfondimento della non facile poesia di Bodini. Nei suoi commenti egli si serve di tutto il materiale disponibile (prose, scritti critici, lettere) dello scrittore salentino per chiarire e precisare luoghi particolarmente oscuri, offrendo al tempo stesso un’acuta interpretazione della lirica bodiniana. Per questo lavoro, nel 2013, ricevette una Targa a Cocumola, in occasione del Premio “La luna dei Borboni”.
Se n’è andato proprio nell’anno del centenario della nascita del poeta leccese, lasciando un profondo rimpianto in quanti lo hanno conosciuto e ne hanno apprezzato il carattere mite e la generosità, così rara ai nostri giorni anche tra gli uomini di cultura.
[«Nuovo Quotidiano di Puglia», 8 dicembre 2014]