di Guglielmo Forges Davanzati
La promessa della tassa piatta (la flat tax) è la base del programma economico della Destra in vista delle elezioni di settembre. La promessa si fonda su una tassazione con aliquota unica – variabile dal 15% nella proposta della Lega al 23% nella proposta di Forza Italia – con il duplice obiettivo di semplificare il sistema tributario italiano e di ridurre gli oneri fiscali per incentivare gli investimenti. Un semplice calcolo basato sulle dichiarazioni dei redditi dei residenti italiani mostra che la detassazione non conviene a quasi nessuno e, in più, che, anche per questa ragione, non può avere gli effetti sperati. La tassa piatta è inoltre molto regressiva: riduce cioè il prelievo in modo molto significativo a famiglie molto ricche, mentre lascia sostanzialmente inalterato il prelievo sul reddito delle famiglie più povere. In altri termini, il beneficio cresce al crescere del reddito imponibile. Nella versione berlusconiana (aliquota al 23%), su fonte Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno di imposta 2021, si può stimare che la tassa piatta produce vantaggi per una platea molto ristretta di famiglie italiane e danneggia la gran parte dei contribuenti. L’aliquota del 23% già si applica, infatti, a 18,3 milioni di contribuenti italiani. Essi dichiarano un reddito fino a 15mila euro: è evidente che questi individui non traggono nessun beneficio da un’eventuale riforma fiscale così come promessa dalla Lega.