La sublime utilità delle cose inutili

Mozart è inutile; è inutile Dante; sono inutili Caravaggio, Virgilio, Omero. Ma sono belli. E’ utile il frigorifero, la lavatrice, il ferro da stiro. Ma quasi mai sono belli. Ad un uomo, a una donna, a un bambino, serve l’utile non bello e serve il bello inutile. Servono diversamente, ma in uguale misura. Però talune volte si ha l’impressione che noi si preferisca l’utile e non si capisce per quale oscura ragione si tenda a considerare che quella inutile bellezza non ci possa dare qualcosa che abbia più valore dell’utilità. Talune volte non ci si sofferma a ragionare su qualcosa di elementare, che potrebbe essere, per esempio, il fatto che l’utile si consuma in fretta, spesso troppo in fretta. Lo strumento che era utile ieri, soltanto oggi non serve più, sostituito da qualcos’altro che risulta ancora più utile. Caravaggio, invece, era inutile ieri, è inutile oggi e lo sarà domani. Ma davanti ad una sua tela per secoli sono rimasti incantati uomini e donne di ogni cultura e di ogni età e se domani planeranno da queste parti gli extraterrestri, resteranno anche loro incantati, pur senza conoscere nulla di Caravaggio e del suo tempo e dei significati di quello che ha fatto. Non lo capiranno ma si chiederanno com’ è riuscito quel diavolo a combinare in quella maniera strabiliante le forme e i colori, come ha fatto a creare quella luce che è più vera della vera luce. Perché è una bellezza assoluta, senza tempo e, chissà, forse anche senza spazio. 

Forse tra le necessità di una conoscenza delle cose utili, sarebbe necessario, dunque, anche considerare l’utilità della conoscenza della bellezza. Di quelle cose che sono fatte soltanto di parole o di forme di marmo o di colori o di note o di scene che scorrono su uno schermo, o di figure di danza. Di quelle cose che appartengono a un’arte, che provengono da una fantasia di creatura, dalla sua abilità, dalla sua tecnica, da quella che si chiama creatività e a volte genio, che hanno il loro motivo o il loro movente in un bagliore del pensiero, una pena del cuore, in una  serenità, un travaglio, in un’inquietudine, un desiderio.  

Forse non c’è una cosa che sia più inutile della poesia di Dino Campana. Ma se non si conosce la poesia di Dino Campana, si è inevitabilmente più poveri, o comunque meno ricchi. Solo per esempio. 

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 7 agosto 2022]

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