La sublime utilità delle cose inutili

di Antonio  Errico

Mentre sto leggendo qualcosa, così, tanto per leggere qualcosa, incontro una pagina in cui la filosofa ungherese Agnes Heller dice se qualcuno dovesse chiederle, come filosofa, che cosa si dovrebbe imparare al liceo, risponderebbe: prima di tutto, solo cose “inutili”, greco antico, latino, matematica pura e filosofia. Tutto quello che è inutile nella vita. Il bello è che così, all’età di diciotto anni, si ha un bagaglio di sapere inutile con cui si può fare tutto. Mentre col sapere utile si possono fare solo piccole cose.

Questo pensiero della Heller mi riporta alla memoria un libro di Nuccio Ordine che s’intitola L’utilità dell’inutile, nel quale si dimostra con documentate argomentazioni che non è affatto vero, neanche in tempo di crisi, che l’utilità è determinata solo dalla produzione di un profitto ma che esistono saperi cosiddetti inutili che si rivelano di straordinaria utilità.  Forse si potrebbe anche considerare che l’utile consista non tanto in quello che produce avere ma in quello che consente una realizzazione dell’essere. Avere o essere, si chiedeva Erich Fromm. La risposta potrebbe essere questa: “Un “Avere” deve possedere un fiore, lo coglie, lo fa suo. Un “Essere” ne contempla la bellezza, godendo di questo, percependolo per immaginare altri orizzonti”.

Ecco. La bellezza. Probabilmente il nucleo della questione è tutto qui: nel senso della bellezza.

Certo, poi ciascuno di noi ha la possibilità di scegliere tra avere o essere, tra la presunta utilità del brutto o dell’indifferente e la presunta inutilità del bello o dell’appassionante.

Leggere un libro è assolutamente inutile, lo dicono in tanti. Non si è mai visto né sentito dire che la lettura di un libro porti un guadagno. Ma ci sono libri belli, a volte molto belli, che ti fanno essere diverso, migliore, da quello che sei. Se questo sia un guadagno oppure no, lo decide colui che lo legge.

Allora, fermo restando che sul tema della differenza tra conoscenze utili e conoscenze inutili – soprattutto nei processi, nei percorsi e nelle finalità della formazione-  ciascuno ha le proprie idee e nessuna idea è da sottovalutare o da non tenere rispettosamente in  conto, forse si potrebbe cercare una mediazione, forse si potrebbe  trovare un equilibrio, armonizzare, ma con la condizione indispensabile di precisare il  concetto di cose utili e inutili e di dimostrare  che le cose inutili siano proprio tali. Poi sarebbe anche opportuno contemperare il concetto di utile e inutile con quello di bellezza. Perché esiste una utile bellezza delle cose inutili. Anzi, forse, probabilmente, spesso sono proprio le cose inutili a possedere una bellezza. Le altre cose sono utili, pratiche, convenienti, redditizie, vantaggiose, ma molto spesso non sono belle.

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