di Adele Errico
“Mi pare impossibile che quando c’è la luna noi si dorma nelle nostre case. (…) Quando c’è la luna fuori della finestra chiusa succedono cose strane, e meravigliose (…) ci sono cose che corrono e navigano per conto loro mentre noi dormiamo. Non è strano questo? Non è strano anche che si possa dormire mentre la luna attraversa il cielo?” Così vagheggiava Gurù, la fanciulla dai piedi di capra e dai capelli “corti lisci e un po’ gonfi” ne La pietra lunare di Landolfi, nell’intento di spiegare al protagonista misteri e segreti incomprensibili agli esseri umani che si aggirano per la vita con gli occhi piantati per terra. Scorgere le “cose che corrono e navigano” in cielo è il privilegio degli insonni, di coloro che, dapprima contorcendosi nel tumulto delle lenzuola, decidono di accartocciarsi con gli occhi gonfi di sonno nell’angolo accanto alla finestra e guardare in alto. E mentre, annebbiati dal sonno, rabbiosamente pregano di addormentarsi, si meravigliano di qualche apparizione nel cielo, chiedendosi se non si tratti di un’allucinazione. Ma se non si è parte del popolo degli insonni, si potrà comunque assistere ad un miracolo celeste avvenuto per la prima volta in una notte di dicembre del 1982: nell’arco della circonferenza di una luna gigantesca apparve qualcosa che correva e l’attraversava, la sagoma nera di una bicicletta pedalata da un bambino che trasportava, nel cestello, un fagotto. Quel corpo diafano e tralucente, apparve, però, su uno schermo cinematografico al Festival di Cannes. Sono trascorsi quarant’anni e quell’essere infagottato nel cestello di una bici ha commosso e continua a commuovere intere generazioni.