Segnalazioni bibliografiche II

Tuttavia, Boero non ha dubbi che lo spirito religioso degli occidentali si sia molto affievolito. Lo vede bene nel confronto che egli fa tra i teo-con e gli islamici fondamentalisti: “Oggi i cristiani sono molto forti fisicamente, ma la loro spiritualità si è affievolita. I teo-con, i nuovi fondamentalisti, non sono affatto pronti a morire in nome della loro religione, sono pronti a uccidere. Chi va a combattere deve essere pagato profumatamente, mentre dall’altra parte i combattenti fanno a gara per raggiungere il luogo degli scontri e per morire da martiri eroi. La nostra spiritualità non arriva al punto di vederci felici in caso di morte durante uno scontro armato, la loro sì. La nostra forza fisica è superiore alla loro, ma la loro spiritualità è superiore alla nostra” (p. 146); mentre sarebbe bene che la nostra religione “si facesse i fatti suoi”: “Ci sono religioni che “si fanno i fatti loro”, come quella dei miei amici papua, e ci sono religioni che non si accontentano di essere padrone a casa propria”. (p. 136).

Qual è la sua conclusione, dunque? E quella tipica dell’intellettuale illuminista: “Dobbiamo fare in modo che il livello culturale delle persone aumenti, che aumenti la loro consapevolezza” (p. 160). Inoltre: “Ecco, forse ci sono. Il peccato originale è l’assolutismo, il pensare che noi siamo al centro del creato, è un peccato di superbia che ci mette al di sopra di tutto e ci fa perdere di vista quanto siamo piccoli a confronto del resto dell’universo. E forse Dio voleva farci capire che poi non siano così importanti, che il mondo non è lì solo per noi, che ci ha concesso un grande privilegio ma che non dobbiamo esagerare a pensare di essere il centro di tutto. Certamente noi siamo importanti per … noi. Ma questo non ci autorizza a pensare di essere i più importanti tra gli esseri dell’universo” (p. 189).

Ci vuole una maggiore consapevolezza individuale e collettiva da una parte, e dall’altra una seria riflessione sulla nostra “superbia” antropocentrica. A questo fine, Boero, dopo aver visto gli spiriti, elenca quelli ch’egli, con qualche ironia, chiama i tredici comandamenti di Mae (lo spirito che glieli ha suggeriti, a cui egli crede per averlo visto). Li riporto, perché sarebbe utile seguirli nella nostra vita quotidiana:

 “Resta sempre bambino nel tuo spirito.

Sorridi sempre, ma sii serio dentro.

Cerca di capire gli altri, conoscendoli.

Non pensare di essere migliore di chiunque altro

Cerca sempre di essere il migliore.

Rispetta l’ambiente che ti circonda.

Segui la conoscenza.

Combatti l’ignoranza.

Parla senza ambiguità.

Pensa sempre a quello che dici.

Evita di dire quello che pensi se questo può ferire un innocente.

Quando pensi a Mae salutalo, ti sta sorridendo.

Non aspettarti che Mae risolva tutti i tuoi problemi, ha altro da fare.”

(pp. 173-174).

Che siano questi i comandamenti della religione del terzo millennio?

Storia Patria. Il cultore o il semplice curioso di storia patria non perda l’occasione: è stato pubblicato il n. 15 del “Bollettino storico di Terra d’Otranto”, a cura della Società di Storia Patria – Sezione di Galatina, Galatina, Congedo Editore, 2008, pp. 373. Il volume si apre con  un saggio di Giancarlo Vallone dal titolo Terra, feudo, castello (pp. 5-54), già da me segnalato ne “il Galatino” di venerdì 12 dicembre 2008, p. 10, e prosegue con un saggio di Carmela Massaro, Un inventario di beni e diritti incamerati da Ferrante d’Aragona alla morte del principe Giovanni Antonio del Balzo Orsini (1464) (pp. 55-145), che presenta questa “fonte assai preziosa per la storia di Galatina, per la quale la documentazione anteriore alla signoria di G. A. del Balzo Orsini è estremamente esile” (p. 61). “Il contesto politico-istituzionale in cui si muove la nostra indagine”, scrive Massaro, “è quello del Principato di Taranto” (p. 57) nel XV secolo, quando in Galatina, che aveva “una struttura urbana per certi aspetti già ben delineata” (p. 66), si avviò “un accurato censimento degli immobili urbani e rurali del principe e di tutte le terre del distretto che ricadendo nel demanio regio versavano al re le prestazioni dovute” (p. 60).

Giancarlo Vallone firma poi, oltre quello d’apertura, altri quattro saggi: Tristano di Clermont rivisitato (pp. 147-161), Un componimento poetico di Giovan Teseo de Nardi, da Galatina (1546) in ristampa anastatica (pp. 163-192), Tommaso Briganti di fronte alla feudalità (pp. 229-245) e, infine Aldo Vallone giovane (pp. 317-354), quest’ultimo meritevole di una segnalazione particolare. Il figlio di Aldo Vallone, infatti, si conferma qui come il primo esegeta del padre (si ricordi che Giancarlo ha curato gli Scritti Salentini e Pugliesi di Aldo Vallone (Galatina, Mario Congedo Editore, 2003, premettendovi un saggio dal titolo Storia e ricerca meridionale nell’opera critica di Aldo Vallone). Egli ricostruisce la giovinezza del dantista galatinese, dagli studi al Liceo “Colonna” di Galatina dei primi anni Trenta alle ricerche dantesche della fine degli anni Quaranta (“Forse è qui” scrive Giancarlo, “in Dante, che termina la giovinezza di Vallone” (p. 347), passando attraverso gli studi universitari a Firenze e a Torino e l’esperienza drammatica della guerra. Giancarlo segue tutto il curriculum paterno, senza dimenticare amici (Farinelli, Pézard, Pietrobono, ecc.) e nemici (“il nemico Russo” p. 346), alla fine congedandosi con parole nelle quali lo zelo dello studioso consuona con l’affetto filiale: “Ricordo sempre mio padre giovane, e non lo era; né so se questo è per virtù mia o sua. E poi, quando finisce la giovinezza? Forse, quando s’imbocca l’ultima via, quella che non s’abbandona più e nella quale s’è giovani sempre” (p. 348).

Non citerò tutti i saggi contenuti in questo “Bollettino” (del resto, è bene salvaguardare la suspense del lettore), ma l’ultimo va segnalato. Si tratta in realtà di una poesia di Maurizio Nocera dal titolo L’illuminato orto di Galatina. A Carlo Caggia partigiano del laicismo, scritta a Lecce il 15 agosto 2006, data della morte di Caggia, e accompagnata da una nota dello stesso Nocera, Carlo Caggia, l’illuminista sapiente di Galatina (pp. 361-366). Come si vede dai titoli, l’accento batte sulla ragione illuminata, sul laicismo, sulla sapienza laica, che furono la ragion d’essere di Caggia e la cifra distintiva del suo operato. Nocera scrive da poeta, ma anche da “amico, compagno, estimatore dell’intera sua [di Caggia] opera storico-letteraria” (p. 366), e questo credo che sia il miglior modo per ricordarlo.

Cataloghi brindisini. Questa volta vorrei suggerire al lettore de “il Galatino” una gita a Brindisi. Si scelga una bella domenica mattina di fine febbraio o di marzo, in compagnia di qualche persona cara, non appena il mal tempo abbia lasciato il posto al sole primaverile, si prenda l’auto o il treno e si vada a Brindisi, in via Duomo, presso il palazzo Granafei-Nervegna, di recente restaurato e destinato a luogo di cultura, contenitore, come si dice oggi, di mostre ed eventi artistici. Innanzitutto, siccome questo è l’anno futurista, il nostro lettore visiterà la mostra (chiude il 29 marzo) dal titolo Collezionare il Futurismo, che presenta al pubblico per la prima volta una ricca collezione di bozzetti, illustrazioni pubblicitarie, quadri ed altro appartenente a Paolo Roberto Salvatori. La mostra è a cura di Mariastella Margozzi, come pure il catalogo dallo stesso titolo della mostra (Martano Editore, Lecce gennaio 2009, p. 127), nel quale, dopo una breve testimonianza della figlia di Filippo Tommaso Marinetti, Luce Marinetti, e un saggio introduttivo della stessa Margozzi (pp. 9-20), si legge un excursus di Paolo Martore dal titolo Le stagioni dei periodici futuristi (pp. 21-26).

In una sala dello stesso palazzo, poi, sono esposti i disegni di Ottorino Mancioli, un medico con la vocazione dell’artista, che negli anni venti e trenta del secolo scorso disegnò innumerevoli scene di vita quotidiana (ma qui sono esposti circa quaranta tra matite, carboncini, acquarelli e tempere), aventi per tema la moda: “dalla passeggiata, alla danza, alla siesta sulla spiaggia”, come scrive sempre Mariastella Margozzi, la curatrice della mostra (aperta fino al 29 marzo) e del catalogo (Mode e Modi nei disegni di Ottorino Mancioli dagli anni ’20 agli anni ’30, Brindisi, Edizioni Cromosoma – Impressioni d’arte maggio 2008, p. 102). Il catalogo contiene anche uno scritto di Arianna Marullo, La sartoria Giuseppe Paradisi di Roma (pp. 19-20), sartoria dove si confezionavano gli abiti della media borghesia negli anni venti e trenta del Novecento (li si può vedere nelle 25 foto in catalogo che riprendono altrettanti pezzi della Collezione del Museo Boncompagni Ludovisi).

Infine, giacché si è lì, non si perda l’occasione di visitare la mostra dedicata a Benedetto Marzolla (1801-1858), geografo e cartografo degli ultimi anni del regno borbonico, cui nel 1905 fu intitolato il Liceo Classico di Brindisi. Prima di uscire dal palazzo, si sfogli il catalogo curato da Vladimiro Valerio, dal titolo Benedetto Marzolla. Brindisino, Geografo e Cartografo dell’800 Europeo, Barbieri Selvaggi Editori, Manduria 2008, p. 237, in cui l’autore ricostruisce la vita e l’opera di questo studioso morto d’infarto nel pieno della sua attività centocinquant’anni fa (1858). Sono sicuro che pochi riusciranno a resistere alla tentazione di regalarselo per sfogliarlo con tutta calma a casa. Ci si affretti, però: questa mostra chiude il 28 febbraio. Dimenticavo di dire due cose, che il giorno di chiusura è il lunedì e che l’ingresso è gratuito.

Donato Valli. Quando uno studioso giunge all’età della cosiddetta “quiescenza”, accade che gli amici si radunino per festeggiarlo nell’unico modo consono alla vita ch’egli fino ad allora ha condotto, dedicandogli quanto di meglio hanno, uno scritto, che ha per oggetto la materia di studi del “quiescente”, e che costituisce un dono al festeggiato. Così è accaduto a Donato Valli (classe 1931) con la pubblicazione di due ponderosi tomi nati sotto l’egida della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Salento, dal titolo In un concerto di voci amiche, con sottotitolo Studi di letteratura italiana dell’Otto e del Novecento in onore di Donato Valli, a cura il primo di Marinella Cantelmo e Antonio Lucio Giannone, e il secondo del solo Giannone, Mario Congedo Editore, Galatina 2008, pp. compl. 1004. La premessa è di Bruno Pellegrino, preside della facoltà menzionata.

Diciamolo subito: un’opera del genere non si può leggere per intero tutta d’un fiato, ma lo studioso non può farne a meno, perché in essa si trovano non solo le coordinate degli studi effettuati dal festeggiato, ma anche i risultati aggiornatissimi dei moderni studi letterari. Le “voci amiche”, ovvero gli studiosi, spaziano nei loro xenia dagli autori dell’Ottocento a quelli del Novecento, con sosta significativa su Girolamo Comi, molto caro a Valli, ad opera di Antonio Lucio Giannone, che si occupa del sodalizio Comi-Bocelli, e di Cristanziano Serricchio, che si occupa de La poesia religiosa di Girolamo Comi. In effetti, Comi è uno dei “tre maestri” riconosciuti da Valli, secondo Mario Marti (p. 951). Gli altri due sono Oreste Macrì (1913-1998), che, per volontà di Valli (vedi p. 7), apre la raccolta – si tratta di una recensione al volume di Valli, Cento anni di vita letteraria del Salento del 1985 -, e lo stesso Marti, che verga degli Appunti sulla scrittura di Donato Valli narratore; sicché tutti i restanti lavori (di Romano Luperini, Stefano Verdino, Silvio Ramat, e i nostri conterranei Antonio Prete, Giancarlo Vallone e Beatrice Stasi, solo per citarne alcuni) vengono ad essere incorniciati entro questi scritti per così dire magistrali. L’opera si chiude con un Curriculum vitae di Donato Valli, i Titoli dei Corsi universitari di letteratura italiana moderna e contemporanea e la Bibliografia di Donato Valli, in cui si condensano i termini d’una vita laboriosa che lo storico futuro non potrà ignorare se vorrà ricostruire l’opera dello studioso di Tricase.

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