di Antonio Lucio Giannone
Sandro Greco opera in campo artistico da quasi sessant’anni, se si tiene conto anche dei suoi esordi di tipo figurativo, ma la fase più originale e significativa del suo lavoro incomincia intorno al 1967-‘68, allorché egli abbandona tele e cavalletto e sceglie la strada della più avanzata sperimentazione, non per adeguarsi alle mode del tempo ma per una sentita esigenza di novità. Così attraversa quasi tutte le tendenze più innovative di quegli anni, dall’arte concettuale a quella comportamentale, dall’arte povera alla land art, ma sempre con assoluta leggerezza e una buona dose di ironia.
Ricordo, ad esempio, di quel periodo, certe performance come i “fiori di carta” sulla sabbia, sulla roccia e sull’asfalto, o le “strisce di carta” sugli alberi secchi e sui rifiuti industriali, che sembrano anticipare le tematiche ambientaliste, e poi, via via, tra le numerose serie di creazioni: i “farmaci concettuali” per curare soprattutto… le deficienze estetico-culturali; i farmaci a base della funzione del tempo, indicati per ogni senilità sia psichica che fisica; le “cassette di legno” contenenti concetti astratti come parole non dette e non scritte, il solipsismo di Duchamp, i limiti del proprio linguaggio, il dentifricio-art, da usare prima di parlare d’arte, il vero e falso di un dato fatto, ecc; e ancora le “scacchiere”, fino ad arrivare ai “tapp-arazzi”, al ciclo su Eluard, alle “maschere agli specchi” e, in ultimo, alle “farfalle”. In tutto il suo percorso artistico Greco ha dimostrato sempre una grande capacità inventiva unita a un’indubbia abilità manuale, che si rivela nell’uso sapiente di svariati materiali (dal legno alla cartapesta, dalla terracotta al mosaico, dalla ceramica alla lana al ferro) con i quali realizza le sue opere.