Opus tessellatum 9. La Torre di Babele

di Antonio Devicienti

(Mi piace immaginare che in un pomeriggio di maggio il poeta Ercole Ugo D’Andrea accompagni sua madre in Cattedrale, poi in una passeggiata sul lungomare otrantino).

«Alle porte dell’estate nella luce del mosaico la preghiera sarà ancora più semplice, ancora più scarna che sull’inginocchiatoio in casa davanti al crocifisso di legno.

Tra le mille figure del monaco otrantino la Torre, innalzandosi come scacchiera incontro al cielo, pur prova di tracotante superbia, mi commuove nel suo farsi di cantiere dove fervorose maestranze faticano ed edificano.

Masserie dalle linee euclidee, rettilinee e pulite, case a corte intorno al pozzo, pagghiàre…

Dulcissima mater, raccoglimento della grande Cattedrale ogni mestiere santifica lo sforzo degli esseri umani, li accosta al pane per nutrirsi, all’acqua per dissetarsi. Intimità della luce e del silenzio, nicchie di quiete, attesa.

E tra le rampe della Torre fresche di calce rondini, cardellini, gechi troveranno incavi sicuri, nelle stanze in penombra potranno maturare le noci».

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