di Guglielmo Forges Davanzati
È opinione molto diffusa che la crisi di governo possa far aumentare lo spread fra titoli del debito pubblico italiani e titoli tedeschi. Ci si preoccupa per gli effetti che l’aumento dello spread ha sulla tenuta delle finanze pubbliche e, dunque, sulla capacità dello Stato italiano di rimborsare il debito. E tuttavia, va rilevato che a un’analisi attenta questo timore è infondato. Vediamo perché.
Innanzitutto, va ricordato che il 16 luglio, due giorni dopo le dimissioni di Draghi, il differenziale di rendimento con i titoli decennali tedeschi è arrivato a quota 218, partendo da 199. Torna alla memoria ciò che accadde nel novembre del 2011, quando l’impennata dello spread portò alla sostituzione del governo Berlusconi con il governo Monti e alle successive e nefaste politiche di austerità: politiche che non solo causarono la più intensa recessione che ha colpito l’Italia nei tempi più recenti, ma che neppure riuscirono nell’intento che perseguivano, ovvero ridurre il rapporto debito pubblico/Pil (che per contro aumentò). Va ricordato che nell’aprile 2011 lo spread fra BTP e bund tedeschi si aggirava intorno a 120 punti base, sostanzialmente stabile fino all’agosto di quell’anno. Ad agosto 2011 cominciò ad aumentare arrivando a 350 punti base, impennandosi fino a raggiungere i 600 punti base ad ottobre. È convinzione diffusa, ma sbagliata, che gli investitori scontino il fattore credibilità del governo come principale determinante delle loro decisioni di acquisto e vendita di titoli del debito pubblico: vendono nel caso del venir meno della credibilità. Va chiarito che è, questa, una tesi che non trova riscontro né nella teoria né nei fatti. Nel caso dell’attuale crisi di governo, infatti, non si capisce per quale ragione all’atto delle dimissioni del presidente Draghi non abbia fatto seguito la vendita in misura massiccia di titoli di stato italiani (infatti lo spread è aumentato in misura irrilevante). Alcuni analisti mainstream giungono a ritenere che il mancato aumento dello spread sia dovuto alla reazione del Presidente Mattarella e al suo rifiuto delle dimissioni di Draghi. Chi sostiene questa tesi non tiene conto di tre fatti: a) il modestissimo calo dello spread nell’intervallo che passa dalle dimissioni di Draghi al rifiuto di Mattarella riflette un rimbalzo tecnico (un movimento dei prezzi di mercato nella direzione opposta alla tendenza in atto), b) l’aumento dello spread è un fenomeno strutturale, che data a partire dall’inverno scorso, c) sotto il Governo Draghi lo spread è passato da 100 a 220 punti base. Per comprendere le cause dell’andamento recente dello spread, occorre considerare tre ulteriori fattori: