di Cosimo Scarcella
Tra negazionismo, revisionismo e integrazione critica
Per tutto il tempo dominato dalla pandemia causata dal Covid-19 si sono avuti (e si hanno tuttora) frequenti e significative manifestazioni di grave decadenza della civiltà, di preoccupante insensibilità umana e di pericolosa carenza di senso morale. Tralasciando, infatti, il fenomeno assurdo e paradossale dell’agnosticismo scientifico, del negazionismo ideologico e del fanatismo pseudoreligioso, si resta attoniti nel leggere e nell’assistere a forme di caccia al colpevole dell’ignota e funesta calamità pandemica dilagante per l’intero pianeta; e si fa a gara nell’indicare qualcosa o qualcuno su cui scaricare la colpa, additando, ovviamente, categorie diverse da quella cui appartiene l’«accusatore», e si punta in particolare sulle generazioni più indifese: ora sui giovani “irresponsabili” ora sugli anziani “imprudenti” ora sui malati “abbandonati” ora sui migranti “inopportuni”. Come se non fossimo una sola e unica «famiglia» sociale di esseri umani. Nasce e s’impone, allora, l’amara e dolorosa percezione che la frattura nei rapporti tra generazioni e tra stati di varie condizioni sociali è diventata un pauroso abisso, che tutto fagocita. E’ assurdo, infatti, che non si comprenda o non si voglia condividere una verità fattuale semplice, evidente e chiara: che in ogni società si è tutti uniti ed equamente coinvolti sia nelle evenienze favorevoli sia negli accadimenti negativi: quando, per esempio, soffrono particolarmente i bambini e i giovani, nello stesso tempo soffrono a modo loro anche gli adulti e gli anziani: e non c’è motivo, quindi, per mettere gli uni di fronte o, peggio, contro gli altri: una società, che non rispetta e non si cura dei suoi vecchi, non si preoccupa e non si cura nemmeno dei suoi giovani. Si tratta, in questi casi, di società ”malate” di insensibilità umana e indifferenza sociale, la cui sola cifra è il maggiore e più immediato profitto, che ovviamente non dànno né assicurano i giovani e gli anziani.