Opus tessellatum 7. Lo zodiaco

di Antonio Devicienti

(Tonino Guerra e Andrej Tarkovskij dialogano mentre camminano sul mosaico pavimentale; stanno compiendo insieme un viaggio in Italia per trovare i luoghi opportuni in cui ambientare Nostàlghia; è il 1982 e l’anno seguente e da quel viaggio nascerà anche un film-documentario intitolato Tempo di viaggio. All’incirca tra l’undicesimo e il dodicesimo minuto del documentario Tarkovskij e Guerra dopo Lecce sono nella Cattedrale otrantina – don Grazio Gianfreda li introduce sinteticamente ai significati del mosaico; qui s’immagina un dialogo espunto dal film e che, naturalmente, non è mai avvenuto…)

«Tonino, qui s’affolla il lavoro dell’uomo, la fatica dei suoi giorni. Questi qui sono anche le contadine e i contadini russi con la schiena piegata sui campi».

«Cuoche, falegnami, muratori, pescatori, pastori, mugnaie, vendemmiatori, e pellegrini (come noi). Sì, queste sono le nostre facce, le facce delle nostre madri. Pensa: si veniva fin qui per imbarcarsi verso la Terra Santa e qui approdavano o erano già approdate le storie d’Oriente e del Vicino Oriente, del Settentrione. E questi contadini e artigiani se le ridicevano in dialetto».

«Mi piace camminare lungo questo tronco; quest’albero delle figure è una betulla, che dici?».

«Oppure una quercia, o un olmo. Un faggio».

«Ci si cammina sopra e non lo si vede nella sua interezza, si sta dentro l’albero così come noi stiamo dentro il nostro viaggio cercandovi i luoghi per il film, del film. E non saprei dire quale luogo dell’albero mi attragga di più: a ogni ramo c’è l’indimenticabile».

«Andrej, pensi che il protagonista del film sentirebbe meno nostalgia passeggiando su quest’albero?».

«No, Tonino: la Russia è la nostalgia dalla quale è impossibile liberarsi (ammesso che si voglia farlo).

Se guardo questo zodiaco vedo la vita della gente, ne vedo la durezza e le speranze, vedo il ciclo del lavoro nei campi. E mi sembra di prendere tra le dita la terra russa e di sentirne l’odore otrantino: e viceversa.

Ecco: io ti chiedo di non farmi vedere tutti questi borghi, tutte queste opere d’arte come fossimo turisti, ma fammi incontrare le persone, fammi mangiare con la gente che abita i paesi».

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