di Antonio Prete
“Ma ora che ei sono tutti spariti, la terra non sente che le manchi nulla…”: è il Folletto che in una delle leopardiane Operette morali, replicando allo Gnomo, sottolinea la ritrovata autonomia del pianeta Terra, dopo la sparizione della vita umana, messa in opera con vari mezzi dall’uomo stesso. Il dialogo mette in scena la fine della “pretesa civiltà” dell’uomo, il dissiparsi nel vuoto della osannata signoria della specie umana sulle altre creature e sulla natura stessa.
Non poteva esserci apertura più opportuna per una raccolta come quella curata e introdotta da Niccolò Scaffai per Einaudi e che ha per titolo Racconti del pianeta Terra. Venti racconti di autori che in tempi diversi e da prospettive diverse e con stili diversi descrivono la deflagrazione del rapporto d’armonia uomo-natura, la violenta modificazione del paesaggio, l’alterazione degli equilibri nella biosfera, la consumazione cinica delle risorse, l’asservimento e lo sterminio del mondo animale, insomma le amare testimonianze di un’apocalisse sempre più all’orizzonte.
E si tratta di scritture che in forme ogni volta diverse coniugano l’indignazione con l’ironia, la denuncia con il giuoco sottile della finzione, la presa di posizione politica con l’affabulazione. Proprio per questo l’inizio della bella antologia con il Dialogo di un folletto e di uno gnomo può rinviare il lettore a quei luoghi del leopardiano pensiero della natura, del rapporto uomo-natura, che oggi più che mai sentiamo all’altezza della nostra epoca, delle sue più forti domande.