Ma vediamo adesso come è fatto Catumerèa. Si sarà notato che l’ho definito, fin dall’inizio, libro e non raccolta, perché ovviamente c’è una differenza notevole tra questi due termini. Una raccolta è un insieme di componimenti messi un po’ a caso o comunque senza un ordine preciso, mentre un libro di poesie ha una struttura, un’organizzazione al suo interno. E infatti Catumèrea è diviso in cinque sezioni, tematicamente omogenee, precedute e seguite da un componimento singolo. La struttura mi ha ricordato (ma si tratta di un caso ovviamente) uno dei capolavori della poesia italiana del Novecento, Ossi di seppia di Eugenio Montale, che pure presenta quattro sezioni, precedute e seguite da un singolo componimento.
La prima poesia, quella per così dire “in limine”, tanto per riprendere il titolo montaliano, è intitolata proprio A Madrid con Vittorio Bodini, scritta in spagnolo e poi tradotta in italiano, ed è un ideale colloquio col poeta in cui Leo sembra rispecchiarsi proprio per via delle sue vicende biografiche, della funzione di mediatore tra Italia e Spagna da lui svolta. E infatti nel testo, che è intarsiato di immagini bodiniane riprese sia dalle poesie che dai reportage del Corriere spagnolo, è sviluppato il motivo dell’identità tra Spagna e Sud dell’Italia che, come è stato scritto, è “iperonimo” del Salento, motivo tante volte messo in luce da Bodini nella sua opera. Leo qui nella prima parte elenca una serie di personaggi madrileni e altri che vivono nei nostri paesi accomunati da certe caratteristiche che li fanno sembrare quasi uguali (“Quella signora / che a Cuatro Caminos compra verdura / è la vicina che lavorava a maglia con mia madre / quell’uomo / con la cravatta e il cappello / uno degli amici di mio padre / quel mendicante di Calle del Pez / al mio paese vendeva il pane…”, p. 13). Al tempo stesso però, nella seconda parte, l’autore fa notare anche il mutamento intervenuto in questi ultimi decenni nella capitale spagnola, che è definita “capitale della tua geografia”, perché il mondo amato e descritto da Bodini è ormai un mondo scomparso (“Però non ci sono più i caffè / in arancio o celeste / di quelli in cui godevi di vite parallele / resta poco della tua Madrid / dai rimpianti modernisti / delle chiacchiere dei poetini / che non capivano Lorca…”, p. 13). Restano però, quasi a vigilare su quel mondo, i grandi artisti, i grandi poeti, Goya e Lorca su tutti, due dei simboli più noti dell’anima spagnola.
La prima sezione, A sud delle foglie d’acanto, è tutta dedicata alla propria terra, il tema principale presente nella linea meridionale della poesia italiana del Novecento Questa linea, che si sviluppa soprattutto dal secondo dopoguerra e nella quale rientrano autori come Quasimodo, Gatto, Sinisgalli, Scotellaro, oltre allo stesso Bodini, mise al centro della propria opera il motivo del Sud, facendolo entrare di diritto nella storia della poesia italiana con una notevole apertura di linguaggio rispetto all’ermetismo. Si incomincia con A sud del sud, dove ritornano immagini bodiniane come il “fazzoletto annodato”, il “plateresco dell’anima”, in cui riecheggia il motivo del barocco come “horror vacui”.
Poi il tema del Sud che, come abbiamo detto, equivale al Salento, si precisa ancora di più con il proprio paese. Ecco allora Catumerèa, la strada principale e il simbolo quasi di Martano, che era, come scrive Luceri nella sua prefazione, “un mondo”: “ ‘La Catumerèa’ è la via che sta più nel cuore di tutti i martanesi, una strada lunga e stretta che un tempo collegava il centro con la via Traiana Calabra e sulla quale si aprivano molte corti, alcune delle quali sono riuscite a sopravvivere ai disastri architettonici commessi negli anni sessanta e settanta del secolo scorso”. Essa viene descritta attraverso riferimenti storici, geografici, sociali, antropologici, ma anche con l’occhio rivolto all’attualità, al presente, in una sorta di visione d’assieme che mira a cogliere quasi l’essenza della strada: “Tabacchine battagliere / capelli scuri ondulati / mezzo tacco e calze nere // Trappeti ipogei / e di superficie / assenti d’olio / d’anikirio e d’operai // Chiese di maggio / con piccole madonne / guardiane / dell’incrocio con l’antica via / deserta / Luppìu Derentò // Più giù / monaci ciociari / dotti e liquoristi / con foresti dittonghi / salmodiano / il punto estremo / da cui la chora / in alto appare col castello” (p. 20). E anche qui non si può non pensare a una famosa poesia di Bodini dedicata alla strada dove abitò per un certo periodo dopo il ritorno dalla Spagna, Via de Angelis.
In Radio Tirana balza in primo piano la suggestione della terra che sta di fronte al Salento, dall’altra parte dell’Adriatico, l’Albania, definita in A sud del sud “altrove da terrazza / domestico orizzonte mancato”. In Verso Casole emerge invece la storia antica del Salento con le sue alte tradizioni culturali, di cui l’abbazia di Casole è uno dei simboli maggiori, dove per citare ancora una volta Bodini, c’erano “monaci sapientissimi”, come l’abate e poeta Nettario ricordato da Luceri: “Aspettami / lungo il sentiero / che porta al faro, / conversa con Nettario, / il poeta, l’abate, / difficoltà non avrà / a capire la tua lingua” (p. 24).
Non mancano nemmeno, in Uno ray ban neri, toni da poesia civile nei riferimenti alla mutazione antropologica che sta vivendo il Salento, definita “terra allo sbando”, e nella denuncia della devastazione, dello scempio del paesaggio ridotto a sconcia discarica, compiuta a volte dai suoi stessi abitanti: “Uno / ray ban neri / sceso dall’auto / omaggia gli ulivi / d’un dismesso bidet / biancamente osceno / una / sneakers d’argento / onora il finocchietto selvatico / d’un bell’involto / di polimeri / color azzurrino” (p. 29).
La seconda sezione, Provvisorie baie del ristoro, contiene poesie che sviluppano motivi più intimi e personali, come il rapporto con gli altri (I gesti altrui), oppure riflessioni di natura esistenziale sul tempo (Non lasciare che il tempo), sul destino, sul caso (Perché il possibile non fu), sulla morte (Nelle ore incerte), ma a volte affiorano anche ricordi delle esperienze vissute in varie parti del mondo (Molte case ho vissuto), il desiderio di raggiungere un “altrove” (Certe volte ti prende). La sezione si chiude con un componimento, Metoporízo, in cui l’autore fa una sorta di bilancio della propria vita. E qui è da notare una particolarità stilistica: proprio come il verbo greco metoporízo, che significa “essere come l’autunno, prendere le caratteristiche dell’autunno”, Luceri fa uso di verbi denominali, come “m’autunno”, “brino” o usa in modo particolare altri come “piovo”.
La terza sezione, Permesso d’attracco, la più breve, continua su questa linea. Anche qui c’è un “io” poetico in crisi, “confinato”, “inerme”, “alla deriva” che cerca ansiosamente un attracco, un’àncora, come scrive nei versi finali di Confinamento 21:
“Voglio un ritorno / alla geografia / dei miei paesi in rincorsa / essere pietra scagliata / oltre il muro di cinta / vela che albeggia in rada straniera / o finestra che discorre su piazze diverse / Solo un’àncora chiedo / un solo legame trattenga / le mie aspettative / da tempo in rivolta” (p. 55).
Con la quarta sezione, Calle del Limón, si torna ai temi più tipici del libro: persone e luoghi conosciuti in varie parti del mondo; ricordi di amiche e di amici; descrizioni di città, nazioni o isole (Bisanzio, Barcellona, l’isola di Tinos col suo santuario dedicato alla Madonna, l’Ecuador, Berlino est). Ma qui figurano anche componimenti dedicati a incontri con scrittori, come Gianni Celati o il nostro Antonio Verri del quale riesce a offrire un sintetico ma efficacissimo ritratto in soli quattro versi: “Un basilisco dall’occhio storto / mi parla di poesia sulla corriera / mi regala un pensionante / e poi sparisce dentro un albero” (p. 64).
In questa sezione si incontrano pure una composizione dedicata, ancora una volta, a Vittorio Bodini e una al grande poeta greco Costantino Kavafis. La prima (Vorrei chiederti) è una sorta di intervista virtuale, priva ovviamente di risposte, su personaggi e vicende che figurano nelle poesie e nelle prose di Bodini, mentre l’ultima parte, proprio come in A Madrid con Vittorio Bodini, si sposta verso l’attualità di un Salento ormai completamente diverso rispetto a quello degli anni Cinquanta descritto dal poeta: “Vieni, attraversa quella botola! / A questa terra barocca mancano le tue parole, / il tuo sguardo da innamorato respinto. / Racconta ancora una volta / come vedi la tua gente non più contadina. / La riconoscerai quando si camuffa tra i loungebar di Lecce vecchia, / […] / Che nome daresti alle tue poesie / ora che il tabacco è sparito! / Dove cercherai il verde dei limoni, il bianco della calce / in questa finzione? / Neanche il gufo delle Scalze canta più, / dato per disperso tra macerie di graffiti beoti” (p. 67).
L’altra composizione (Pame, Kirie Kostantine), che contiene riferimenti a famose liriche di Kavafis, è quasi un invito, anche questo ideale, rivolto al poeta greco, a trascorrere una serata insieme a un tavolino di un caffè di Alessandria d’Egitto.
L’ultima sezione, E setaccio le voci, contiene poesie tutte scritte originariamente in griko e meno recenti rispetto a tutte le altre. E infatti qui si nota un tono diverso, quasi epigrammatico, come in Regala fiori: “Regala fiori alla tristezza / Al dolore olii profumati / Miele d’Epiro alla rabbia / All’Amore basta un bacio” (p. 101). Il libro si chiude con Uno schiaffo risveglio, in cui si ritorna al tema dell’io in crisi, ricco di immagini quasi surreali.
Ora, per finire, qualche osservazione di natura stilistica. In massima parte, Luceri usa versi brevi, a volte brevissimi, che a volte coincidono con la singola parola, proprio secondo il modello ungarettiano. Dall’autore dell’Allegria derivano anche la mancanza della punteggiatura, che è limitata nella maggior parte dei casi al punto interrogativo e l’uso degli spazi bianchi. Non manca però nemmeno il verso lungo, quasi prosastico, di tipo più narrativo, che pure è stato utilizzato da tanti poeti contemporanei, come in Vorrei chiederti, Pame, Kirie Kostantine e A Berlino est. Un’altra caratteristica che si nota in alcuni componimenti è lo stile nominale (privo cioè di verbi) e la tecnica dell’elencazione. Quindi, si può dire in conclusione, una poesia che si colloca nel solco della tradizione lirica novecentesca, lontana da ogni forma di sperimentalismo fine a se stesso.
[Testo della presentazione di Catumerèa. Versi multilingui a sud del sud, Neviano, Musicaos Editore, 2022, tenutasi a Martano il 24 giugno 2022]