di Anna Rita Merico
“Quando sono andata la prima volta al cinoma non sapeva proprio niente come era che non era data mai a nessuna parte e non lo sapeva come è allora io quando andai le prime voltta allo Cinoma vetti cose che non lo creteva come è ma quando lo vetti coi miei occhi io vetti cose mai viste alla vita mia”[1]
La corrispondenza intercorsa tra Anna (nome di finzione) e l’antropologa Annabella Rossi risale agli anni che vanno dal 1959 al 1965. Annabella Rossi era giunta nel Salento al seguito della spedizione etnografica sul tarantismo di Ernesto De Martino[2].
Annabella Rossi, Lettere da una tarantata, Argo ed., 1994 con una nota di Tullio de Mauro (Per lo studio dell’italiano popolare unitario), apre il riporto dello scambio epistolare rilevando come, in Anna, manchi la capacità di definire la dimensione storica dell’inizio del “suo” male. La ricercatrice fa suo il ricorso al piano metastorico: una dimensione temporale indefinita. E’ la dimensione in cui avviene quella sorta di trasformazione degli avvenimenti che, sola, consente alla persona la possibilità di poter gestire la tollerabilità del dolore. Dolore e straniamento disorientante sono radice ultima di malessere.