di Antonio Lucio Giannone
“Tu non conosci il Sud, le case di calce / da cui uscivamo al sole come numeri / dalla faccia d’un dado”: sono i versi iniziali de La luna dei Borboni di Vittorio Bodini, una delle raccolte poetiche più originali e innovative del dopoguerra, apparsa presso le Edizioni della Meridiana di Milano nel 1952, esattamente settant’anni fa. Questa esile plaquette, di appena sessantaquattro pagine, composta da ventotto liriche divise in quattro sezioni, rappresentò un’assoluta novità nel panorama della poesia italiana del tempo, che si dibatteva in una sterile contrapposizione tra postermetismo e neorealismo. Bodini infatti scelse di percorrere una terza via, prendendo le distanze da una poesia troppo chiusa nella sua intangibile purezza, come era quella ermetica, ma rifiutando al tempo stesso quella neorealista troppo appiattita sulla realtà se non addirittura sulla cronaca. Il poeta leccese si apriva così al reale senza rinunziare alla componente fantastica, simbolica, surreale, che era il retaggio della maggiore lirica novecentesca e rientrava nelle corde più autentiche della sua creatività.
Anche per questo forse, a parte rare eccezioni, La luna dei Borboni non venne adeguatamente compresa dai critici del tempo, al punto che il poeta lucano Rocco Scotellaro, in una partecipe recensione, si meravigliava del fatto che nessuno si fosse accorto di essa e del lavoro critico che Bodini, “tenendo in mano una penna e un rasoio”, aveva compiuto di sé e della poesia italiana. E ancora adesso purtroppo l’opera bodiniana stenta ad entrare nel canone novecentesco, tanto è vero che è stata e continua a essere sistematicamente ignorata dalle più importanti antologie della lirica italiana contemporanea (Sanguineti, Mengaldo, Cucchi-Giovanardi, Segre-Ossola).
Ora la prima edizione de La luna dei Borboni (1952) viene integralmente ripubblicata e commentata da Antonio Mangione in un volume che fa parte della collana “Bodiniana” della casa editrice Besa (Nardò 2006). Il curatore ha condotto un lavoro accurato e scrupoloso offrendo a studiosi, docenti e appassionati uno strumento fondamentale di conoscenza e di approfondimento della (non facile) poesia bodiniana. Nella essenziale Premessa ripercorre la storia editoriale di questo libro progettato già nel 1946 con il titolo Canzoniere e poi nel 1949 come Un monaco vola tra gli alberi e confluito, insieme con la seconda raccolta, Dopo la luna (1952-1955) (Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1956), e con altre composizioni, in La luna dei Borboni e altre poesie (Milano, Mondadori, 1962). Poi ripropone i testi originari facendoli seguire da note ricche di riferimenti intratestuali e intertestuali, di tipo letterario e figurativo. Mangione si serve delle altre poesie, delle prose, dei racconti, degli scritti critici, di lettere dello stesso Bodini per chiarire e precisare luoghi particolarmente ardui, superando non pochi scogli esegetici presenti nel libro.