di Alessio Paiano
Il volume di Salvatore Toma, Poesie (1970-983), cura di Luciano Pagano Neviano (LE) Musicaos Editore 2020, edito nella collana «Fogli di via», diretta da Simone Giorgino e Fabio Moliterni, raccoglie per la prima volta l’intera produzione poetica di Salvatore Toma, noto al più vasto pubblico dei lettori per la pubblicazione presso Einaudi della raccolta Il canzoniere della morte (1999), curata da Maria Corti. I contributi presenti nel volume, a firma di Benedetta Maria Ala, Lorenzo Antonazzo, Annalucia Cudazzo e Simone Giorgio, ordinati dal curatore Luciano Pagano, si avvalgono della preziosa consultazione dell’archivio privato del poeta, custodito dalla moglie Paola Antonucci; a questi si aggiungono la dettagliata Notizia biografica, la Bibliografia della critica e una breve Appendice che consta principalmente di appunti autografi dello scrittore.,
Il saggio di Ala, «Puro e semplice e ribelle». L’opera poetica di Salvatore Toma, cerca di definire complessivamente le tematiche e i punti cardine della poetica attraverso una ricognizione ampia e in grado di mettere luce sulla personalità del poeta che, pur soffrendo un isolamento culturale dato dalla disattenzione della critica e scontando una reciproca diffidenza nei confronti dell’ambiente circostante (fanno eccezione alcuni conterranei, tra cui Nicola G. De Donno, Oreste Macrì, Donato Valli e Antonio L. Verri che, come ricorda Simone Giorgio nel suo intervento sulla fortuna critica dell’autore, si prodigarono per la pubblicazione e diffusione delle sue opere), solo erroneamente si potrebbe ridurre a quella di ‘poeta maudit’. Più corretto sarebbe parlare per Toma di «spontaneismo» (p. XXIII), come suggerisce Andrea Afribo per alcuni poeti del Settanta, benché Ala evidenzi subito, nel caso del poeta magliese, un intenso lavoro di lima sul verso, come testimoniato dai manoscritti originali. Un’analogia più evidente tra Toma e i suoi contemporanei sarebbe da ascriversi a una componente ludico-satirica (fu incluso nell’antologia Poesia satirica dell’Italia d’oggi, a cura di Cesare Vivaldi), oppure a quella neo-orfica di autori come Giuseppe Conte, con cui Toma condividerebbe il «bestiario selvaggio e fiabesco» (p. XXXVIII). Ala si sofferma poi sulle «tre condizioni di reversibilità» già individuate da Donato Valli nella prefazione ad Ancóra un anno (1981), a ognuna delle quali la studiosa dedica una riflessione approfondita. In primo luogo ‘sogno-realtà’, in base alla quale Toma attinge dal materiale onirico le immagini poetiche da rielaborare al presente, senza alcuna ispirazione di tipo simbolista o surrealista, e pure senza mai ricorrere alla scrittura automatica; quindi ‘vita-morte’, come incessante movimento della materia verso una sua riformulazione mai ultraterrena. L’ultima condizione riguarda il binomio ‘uomo-natura’: è nota la grande empatia di Toma verso il mondo animale, con cui stabilisce un contatto profondo spinto non di rado fino all’identificazione totale, poiché solo nel mondo naturale è possibile rintracciare una certezza di immortalità di fronte alla caducità del resto.