Su Le ali di Hermes di Emilio Filieri

di Antonio Lucio Giannone

Gli studi sulla cultura letteraria salentina, condotti negli ultimi decenni sulla base di una concezione policentrica della storia della letteratura italiana, hanno permesso di scoprire momenti di notevole vivacità attraversati da questa regione nel corso dei secoli. Uno di questi è rappresentato senza dubbio dalla seconda metà del Settecento, durante la quale la Terra d’Otranto ha offerto un contributo di prim’ordine alla cultura nazionale grazie a una nutrita schiera di intellettuali impegnati nei più diversi campi dello scibile e in linea con le tendenze più avanzate dell’epoca.

Ora il libro di Emilio Filieri, Le ali di Hermes. Letteratura italiana tra regione e nazione (Galatina, Congedo, 2007), aggiunge ulteriori tasselli alla ricostruzione del “secolo dei lumi” nel Salento attraverso l’approfondimento di alcuni suoi significativi esponenti o, per meglio dire, di aspetti particolari e finora trascurati della loro multiforme attività. Del sacerdote leccese Ignazio Falconieri, ad esempio, uno dei martiri della rivoluzione napoletana del ‘99 e autore di un manuale di retorica di grande successo a quei tempi, le Istituzioni oratorie, si prende in esame la traduzione di una tragedia di Seneca, le Troiane, della quale egli, pur rispettando il testo originario, dà un’interpretazione in chiave illuministica e riformistica.

            Di un altro letterato leccese, Francesco Bernardino Cicala, noto soprattutto come tragediografo, si analizza invece una singolare operetta, il Saggio filosofico e critico sui giochi d’azzardo (1790), in cui l’autore si schiera accanto agli illuministi e agli enciclopedisti francesi opponendosi ai giochi d’azzardo laddove questi creino effetti devastanti per la “pubblica armonia”. In un altro studio ancora Filieri rivolge l’attenzione agli “ozi poetici” dello stesso Cicala e di Filippo Briganti, famoso giurista ed economista gallipolino, cioè alla loro produzione in versi, che risente di influenze arcadiche e neoclassiche. Si tratta  di un aspetto secondario della loro opera che sta a dimostrare però la poliedricità di questi due scrittori salentini del Settecento.

            Si resta sempre nel secolo diciottesimo con il saggio dedicato a tre biografie di San Giuseppe da Copertino, una figura-simbolo del Salento, amato anche, in tempi recenti, da Vittorio Bodini e Carmelo Bene. Qui si passano in rassegna un’agiografia redatta nel 1722 da un laico, tale Domenico Bernino, grato al Venerabile per le grazie ricevute dalla sua famiglia, e due Compendi della vita del santo, che appartengono entrambi a un ambito conventuale.

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