Nota del commentatore

Il mio commento si fonda sulla scommessa che si possa predicare del personaggio presente in queste poesie, ch’io chiamo il Satirico, quello che Flaubert ha detto di Madame Bovary: Madame Bovary c’est moi. Solo se si accetta questa scommessa, il lettore ha il diritto di leggere questo libro; viceversa ha il dovere di cestinarlo, perché in esso ci sono solo malumori, maldicenze, scurrilità, e tutto quanto si può riassumere nel politicamente scorretto. Al di là dei riferimenti dotti, che il lettore di media cultura antica probabilmente individuerebbe anche senza il mio commento, conta che nella palude del mondo letterario attuale qualcuno abbia tirato una pietra, che certo non farà del male, cadendo in acqua, ma di sicuro la muoverà, suscitando critiche, altri malumori e maldicenze, chissà! Il gioco letterario è anche questo e la finzione di cui si avvale non può farne a meno. Come accade a qualunque scrittore che si rispetti, Paolo Vincenti esce di scena, dunque, e al suo posto nasce il Satirico con le sue bizze che ne fanno un novello Gonzalo Pirobutirro salentino. E così, dietro la satira, la cognizione del dolore…

Del Satirico si potrà dire tutto il male che si vuole, ma si dovrà riconoscere, alla fine, che ha avuto le sue buone ragioni per inveire contro gli uomini e per non cedere a quanti avrebbero preferito il suo silenzio.

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