di Ferdinando Boero
Il 22 maggio si celebra la giornata internazionale della Biodiversità. Ho già scritto articoli sulle “giornate”, e ho espresso dubbi sul loro significato. Celebrare una cosa per un giorno, di solito comporta l’oblio in tutti gli altri giorni.
Si dice che l’importanza di qualcosa si apprezza quando questa viene meno. Se non ci fosse la biodiversità non avremmo da mangiare, e aria da respirare, visto che mangiamo altre componenti della biodiversità (piante e animali) e che l’ossigeno che respiriamo deriva da processi ecosistemici basati sulle attività fisiologiche di importanti componenti della biodiversità.
Senza ossigeno e senza cibo siamo morti. Può bastare come segno dell’importanza della biodiversità? Basta un giorno per celebrare qualcosa senza la quale siamo morti in pochi minuti?
Abbiamo capito ufficialmente l’importanza della biodiversità nel 1992, quando fu stipulata la Convenzione di Rio de Janeiro in cui si riconosce che le nostre attività alterano la diversità della vita. esponendoci a serie conseguenze.
Tutti d’accordo, o quasi. Ma dalle parole non si passa mai ai fatti. Si stima che ci siano circa otto milioni di specie sul pianeta, ma ne abbiamo descritti appena due milioni. Le Nazioni Unite dicono che morirà un milione di specie nei prossimi decenni, ma se qualcuno chiedesse: OK… ma quante si sono estinte fino ad ora? Ci sarà già una lista di qualche migliaio, no? Bene, questa lista non esiste. Ci sono pochissime prove di estinzione finale di una specie. Mentre ci sono lunghi elenchi di specie a rischio, anche se sono tutte di specie abbastanza appariscenti, quelle che chiamiamo anche “carismatiche” (dai cetacei ai rinoceronti). Il funzionamento degli ecosistemi dipende da specie che nessuno conosce, appartenenti a gruppi non molto popolari. Il 70% della superficie del pianeta è coperto dagli oceani, ma gli oceani sono un volume, con 3.500 m di profondità media. Un volume abitato dalla vita in ogni suo recesso: si tratta di più del 90% dello spazio disponibile alla biodiversità. Alla base di tutto ci sono i batteri, seguiti, in ordine di importanza, dalle alghe unicellulari che formano il fitoplancton, seguite a loro volta dagli erbivori che di esse si nutrono. In gran parte si tratta di piccoli animaletti sconosciuti ai più. come i copepodi e i rotiferi.