Il sapere che ci serve somiglia all’esistenza

Allora, preliminarmente ci si dovrebbe forse chiedere in base a quale criterio si fa la differenza. Se la risposta dovesse essere che la differenza si fa in relazione alla funzionalità di una conoscenza nel contesto dell’esistenza, di conseguenza si dovrebbe anche spiegare come si fa ad escludere che una qualsiasi conoscenza un giorno o l’altro possa risultare utile a qualcosa. Come si fa ad escludere che possa servire la conoscenza di una poesia di Montale, della tecnica con cui Caravaggio si trasforma in un dio che genera la luce, della filosofia di Pitagora e Aristotele, di un’opera di Mozart e Beethoven. Ancora altri esempi, o forse metafore.

Oltretutto, se il criterio della differenza è quello della funzionalità del sapere rispetto alle necessità dell’esistenza, di conseguenza si dovrebbe procedere ad una scomposizione in settori della stessa esistenza e all’individuazione a priori di quello che potrà servire per il tempo che durerà. Ma si sa che la scomposizione dell’esistenza non si può fare e che nemmeno la previsione certa della conoscenza che potrà servire si può fare. Di conseguenza risulta pretestuosa e arbitraria la distinzione tra un sapere funzionale e un sapere non funzionale, tra la conoscenza attiva e quella inattiva. Può risultare anche dannoso, per il semplice fatto che in un momento qualsiasi, in una circostanza qualsiasi che non si può in alcun modo prevedere, può essere indispensabile la conoscenza di qualcosa che non si è mai immaginato potesse servire. Allora non si possono stabilire gerarchie tra le conoscenze, se esse sono messe in relazione all’esistenza; nemmeno se si mettono in relazione al lavoro, perché dell’esistenza è parte essenziale.   

Dice Howard Gardner in un saggio che s’intitola Sapere per comprendere che le questioni non si fermano mai ai confini di una disciplina. Spesso è necessario andare oltre le discipline e cercare una sintesi. “Lo scienziato che studia la teoria di Darwin, lo storico dell’Olocausto e chi analizza la musica di Mozart, sono ugualmente impegnati a cercare di risolvere problemi concernenti delle verità, anche se si tratta di verità che possiedono un diverso status epistemologico”.

D’altra parte il sapere è fatto in un modo che rassomiglia straordinariamente al modo in cui è fatta la vita. Ha molte forme, molte dimensioni, è eterogeneo, costituito ad incastri e complicate combinazioni, si compone di stratificazioni, è soggetto a costanti trasformazioni. Per arrivare ad una conoscenza, non di rado si devono intraprendere percorsi obliqui, laterali, trasversali. A volte occorre ritornare sui propri passi, fare sentieri diversi da quelli fatti, dirsi non è come ho pensato finora ma è diverso o è proprio al contrario, mettere in conto l’implicito, l’imprevisto, l’impensato, considerare la bellezza dell’incertezza, dell’errore, disporsi al ripensamento, alla revisione di quello che si è appreso appena ieri o  ieri l’altro. Così accade nella vita: si ripensa continuamente quello che si è pensato, in tutto o in parte. 

Non esiste una conoscenza che si possa trascurare, perché sarebbe come  trascurare un particolare dell’umano:  l’espressione della sua condizione nel qui e nell’ora,  oppure l’esperienza della sua memoria, la sua immaginazione di scenari futuri, il suo sogno ad occhi aperti di quello che  vorrebbe essere, che  vorrebbe fare.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, domenica 22 maggio 2022]

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1 risposta a Il sapere che ci serve somiglia all’esistenza

  1. Massimo Galiotta scrive:

    Molto, molto, molto interessante e bello. Letto e riletto. MG

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