di Giuseppe Virgilio
La storia della vita nazionale e della cultura del nostro Risorgimento è stata messa in discussione da Gobetti. Le fasi di svolgimento del suo pensiero, filtrato attraverso la cultura idealistica e il marxismo, passano per “Energie Nove”, il periodico nel quale Gobetti fa i conti col problemismo e concretismo salveminiani, esperienza che egli rinnova alla luce del movimento dei comunisti torinesi e degli studi sul risorgimento e sulla rivoluzione russa, approdando, attraverso la critica di ogni illuminismo politico, alla nuova sintesi di storia, filosofia e politica de “La rivoluzione liberale”. Il problemismo salveminiano è così superato dalla fiducia riposta nel movimento operaio in ascesa il quale, incontrandosi con l’élite che “La rivoluzione liberale” si propone di formare, è destinato a generare la nuova civiltà e il nuovo Stato. Risorgimento senza eroi è lo scritto in cui Gobetti ha riversato il prodotto della sua analisi e il fulcro delle sue riflessioni sulla nostra storia risorgimentale.
Il Risorgimento non è stato un problema per la borghesia dominante e l’Unità d’Italia è stata accettata, ma non indagata. L’ultima tendenza eroica si è spenta con Carducci che ha significato la posizione della nostra borghesia di fronte al Risorgimento, e cioè l’ammirazione per Mazzini e Garibaldi, i rivoluzionari più coerenti, di fronte al disagio borghese di aderire ad una monarchia e ad un ordine tropo antichi.
La fase hegeliana e la polemica di Gobetti contro Zacconi
In quanto precede trova spiegazione il fatto che nel nostro teatro non è potuto nascere un interesse tragico, se per tragedia s’intende genesi di opposizione, affermazione di volontà e azione che si sviluppa attraverso l’analisi. Di questo principio deve tenere conto chi si accinge a studiare gli scritti di critica teatrale di Gobetti, documento originale della battaglia per la rigenerazione della nostra cultura da parte del giovane critico.