Ma la prima sensazione che si ricava dal Decreto aiuti del governo Draghi è che, da un lato, non si riesca ad andare oltre un assistenzialismo povero e, dall’altro, si perda un’ulteriore occasione per provare a irrobustire il nostro Welfare. A differenza degli aiuti in moneta, l’accesso a un Welfare efficiente (si pensi soprattutto a scuola e sanità) è una precondizione per l’aumento della produttività del lavoro, che in Italia (e, ancora più, nel Mezzogiorno) è in caduta libera da circa trent’anni. Il potenziamento del Welfare, dunque, contrasta la povertà e, al tempo stesso, contribuisce alla crescita economica.
E’ tuttavia fuori fuoco la critica al Decreto aiuti di Confindustria e della Destra, che si concentrano sulla inopportunità, a loro avviso, di poter sommare il bonus al reddito di cittadinanza. Secondo Confindustria e la Destra, il reddito di cittadinanza scoraggia la ricerca di lavoro e, soprattutto, è fonte di irregolarità. Assunto, quest’ultimo, molto discutibile. Innanzitutto, la Legge che ha istituito il reddito di cittadinanza esclude dal beneficio chi è stato condannato in via definitiva. Se il capofamiglia o uno dei suoi membri è stato condannato o ha commesso irregolarità è l’intera famiglia a perdere il sussidio. Ciò non accade solo per chi è stato condannato per associazione a delinquere, ma per tutti i casi di decadenza del sussidio. E’ un modo per controllare e spingere a controllarsi. Ed è bene ricordare che il reddito di cittadinanza dà sollievo a una platea ben più ristretta dei 5,6 milioni di poveri censiti dall’ISTAT. E’ dunque, semmai, e contro l’opinione di Confindustria e della Destra, una misura ancora insufficiente.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 19 maggio 2022]