di Pietro Giannini
Gli sviluppi della guerra russo-ucraina hanno proposto un nuovo paradigma di guerra: la guerra totale. Il nesso è inteso qui in senso diverso da quello che ha nell’uso fattone da Ludendorff, che lo intendeva come “un totale impegno politico dedicato alla vittoria e allo sforzo bellico e l’assunzione che le uniche opzioni disponibili sono la vittoria totale o la sconfitta totale”. Il senso è più vicino a quello di “guerra assoluta” teorizzato da von Clausewitz, che parlava di essa come “di un concetto teorico di impossibile realizzazione, dove la guerra non conosce limitazioni di ordine morale e politico per piegare un nemico alla propria volontà” (Wikipedia s.v. Guerra totale). Solo che tale concetto è riferito non allo Stato in guerra, ma a tutti gli Stati potenzialmente implicati, come è dimostrato dal recente incontro Ramstein documentato nell’immagine.
Infatti, tutti gli interventi possibili nei confronti della Russia sono stati utilizzati a fine di costringerla a desistere dalla guerra in atto.
È vero che gli interventi sono motivati dallo statuto di “aggressore” che la Russia ha acquisito a seguito dell’invasione dell’Ucraina e che il diritto all’autotutela che questa ha può indurre gli Stati ad assisterla militarmente, ma è altrettanto vero che l’apparato delle ‘sanzioni’ applicate è davvero imponente e senza precedenti. Esse riguardano: