A ciò si aggiunge il blocco del turnover nel pubblico impiego, che lo ha reso il più sottodimensionato dell’area euro, con maggiore sottodimensionamento proprio al Sud. Con un settore privato non propriamente dinamico questa scelta ha ulteriormente bloccato tradizionali canali di ingresso nel mercato del lavoro per le giovani generazioni, generando, peraltro, problemi aggiuntivi per un corretto funzionamento del rapporto fra pubblica amministrazione e imprese e per la crescita economica delle regioni meridionali. Si pensi, a riguardo, al fatto che gli enti locali meridionali non dispongono di un numero adeguato di progettisti per partecipare ai bandi PNRR. L’Italia ha la più bassa percentuale di laureati, ma al tempo stesso il più alto tasso di inattività dei laureati.
Questo dato è solo apparentemente paradossale. L’unica spiegazione plausibile è che ci sia una bassa domanda di laureati, e questo è coerente con il sottodimensionamento del settore statale, che per sua natura assume una maggiore quota di laureati (nei settori dell’istruzione, della sanità, della assistenza e ovviamente dell’amministrazione stessa) rispetto al settore privato.
Sono in aumento anche i NEET (coloro che non studiano, non lavorano, non seguono corsi di aggiornamento), anche in questo caso prevalentemente nel Mezzogiorno (la Puglia è tristemente in testa alla graduatoria). L’indice di benessere è minore nelle regioni meridionali, soprattutto a ragione del precariato diffuso e del basso livello di istruzione, come è stato fatto osservare da Giuseppe Roma, ex Direttore del CENSIS, sulle colonne di questo giornale (23 aprile 2022).
Il problema non può che essere destinato ad accentuarsi per effetto della guerra in Ucraina. L’attuale scenario di stagflazione – coesistenza di bassa crescita ed elevata inflazione – comporta una riduzione della domanda di lavoro espressa dalle imprese e, dunque, un aumento del tasso di disoccupazione. L’aumento del tasso di inflazione, a sua volta, riduce i redditi reali, accrescendo il fenomeno del working poor (ovvero di coloro che sono poveri pur lavorando), che è maggiormente rappresentato nelle fasce d’età più giovani.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, 12 maggio 2022]