di Cosimo Scarcella
“Quella vita ch’è una cosa bella – fa dire Giacomo Leopardi al ‘Venditore d’almanacchi a un passeggere’ – non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura”. Il poeta recanatese, però, non sembra essere nel vero. Infatti, solo il passato della vita (sia vissuto come bello o come brutto) è ‘certo’ e, quindi, ‘bello’, in quanto la bellezza coincide col reale e col certo. Solo il passato, pertanto, può essere bello, perché assolutamente certo e ormai del tutto libero dal volere di chiunque e al riparo da qualsiasi evento; il presente, invece, è solo un debole barlume di vita in un brandello fugace di tempo morente; il futuro, poi, è addirittura totalmente imprevedibile e inimmaginabile, in quanto non nel mondo dell’essere. L’uomo, quindi, dovrebbe rallegrarsi o dolersi del passato, non del presente (che è solo fugacemente nelle sue mani) né del futuro (che è spesso inaspettato e mai totalmente in suo potere). Tuttavia, l’uomo – sulle tracce del cantore dell’Infinito – si tormenta per il suo presente e s’interroga sul suo futuro, e vive ogni rimembranza, che lo riconduca ai suoi giorni vissuti, come un atto solo di malinconica nostalgia o di dolorosa impotente invidia. Non è così, però, per l’uomo che prende per guida dell’intero percorso del suo esistere e per consigliera quotidiana delle sue scelte la razionalità integrale propria della persona umana, che deve rimanere sempre vigile e benpensante, attenta e disponibile.