La cultura supera i confini, dice Mattarella. A volte accade anche che tra natura e cultura si verifichi una coincidenza del senso che hanno le cose.
Il 12 aprile del 1961, nel cuore della Guerra fredda, guardando la Terra dallo spazio, il cosmonauta sovietico Jurij Alekseevič Gagarin disse: “Da quassù il cielo è enormemente buio, la Terra è bellissima, di un azzurro chiaro, senza frontiere né confini”.
La scienza e la tecnologia lo avevano portato lassù.
Ecco, dunque. La scienza esiste per superare i confini. Anche l’arte esiste per la stessa ragione. L’una e l’altra rappresentano visioni del mondo; l’una e l’altra cercano, con i loro metodi, i loro strumenti, con i loro linguaggi, di spiegare i fenomeni del mondo. Ma se il mondo, in natura, non contempla i confini, nemmeno dall’arte e dalla scienza possono essere contemplati. Anzi, arte e scienza possono abolire quei confini artificiali segnati da altre situazioni e altre condizioni. Basterebbe solo considerare la funzione che ha la traduzione dei testi, per esempio, quel portare da una lingua ad un’altra interi universi di significati. La scienza e l’arte hanno motivazioni e prospettive trasversali e globali.
Nel corso della storia, a volte vengono tempi in cui si alzano muri, si rinsaldano confini, si alzano barriere. Poi si prova in ogni modo a rendere di nuovo valicabili i confini, a riabbassare le barriere. Si cerca in ogni modo. Però succede che tra i tanti modi con i quali si cerca di stemperare le crisi, si trascuri il modo della cultura. Certo, si può comprendere anche abbastanza facilmente che l’urgenza determinata da situazioni inconsuete imponga tempi brevi e quindi rapide modalità di soluzione. Ma quando si ricomincia, una volta che sono stati aperti varchi nei muri sui confini, allora diventa indispensabile ricominciare dalla cultura. Diventa indispensabile rifondare le forme e i significati della cultura, recuperare i suoi vastissimi orizzonti, creare o ricreare le condizioni di prossimità, di reciprocità. Elaborare un pensiero nuovo. Un pensiero nuovo è quello che si conforma alle esigenze dei tempi che cambiano, alle storie che accadono nei luoghi vicini e lontani, quello che progetta il futuro considerandolo come una evoluzione del presente, che si apre all’accoglienza di pensieri differenti, che sa confrontarsi con la complessità, con l’incertezza e con l’imprevisto, quello che considera il benessere, lo sviluppo, il progresso come conseguenze di convivenze fondate sul rispetto e la valorizzazione dell’altro. Ma un pensiero nuovo non può che venire da uomini nuovi, da quelle generazioni che stanno arrivando, da quelle esistenze che hanno poco passato e molto futuro, che intendono fare esperienza di nuovi saperi, che attribuiscono un nuovo significato alle parole uomo e umanità, che hanno bisogno di grandi spazi per poter realizzare i loro disegni e i loro sogni: di spazi così grandi da non poter considerare confini.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, domenica 8 maggio 2022]