Taccuino di Terra d’Otranto 2. Il mare

     Al murmure del  κοντάκιον  di nuovo cantato nella sacra liturgia del Sorgere della Luna costantinopolitana, al risonare di voci giunte dalla Commagene, da Delo, dall’Osroene, da Trebisonda, da Gallipoli sullo Ionio, dall’Oronte, da Argirocastro, da Rodi, da Mileto, da Ravenna, dalla Lidia, il Disco selenico s’innalza verso l’alto della cisterna e abbandona quel luogo ctonio, sale per le lente rampe circolari della Notte e guarda la Terra d’Otranto, l’antica provincia d’Occidente,  provoca, salendo, pozzi di vuoto nell’aria e i campi magnetici  che fanno levare un vento di sogni e di visioni, salendo curva lo spazio e il tempo, salendo muta i suoi volti di antichissima  della Notte.

Tου κυνὸς ὁ αστήρ.            .

Assenza dell’acqua.

Serpentium puteus.

Lo scavo verso l’acqua.

     Il buio silenzio dei Santi quand’è

chiusa la Cattedrale, oscurato il mare.

Nel pozzo dei serpenti

s’è rappreso il seccume del linguaggio.

     Le Maghe/Macàre delle metamorfosi e del telaio lasciavano a oscillare lanterne sulla scogliera di Castro, di Badisco, di Leuca.

     Tigri di pietra vivente sorvegliavano la soglia della casa-labirinto.

– alla ricerca del vertice e della base della propria inquietudine navigatori di passaggio

bevevano la sabbia dalla clessidra, la calce dalla barca delle migrazioni.

     I Greci di Terra d’Otranto stavano in ascolto.

     “Vorrei sapere se tu credi ai fantasmi o agli spettri che, notte dopo notte, ritornano a turbare i sonni dei vivi.

     Se non ci credi, ebbene ti esorto a deporre il tuo scetticismo: io sono lo spettro di Enver Rada, morto per acqua nel Canale d’Otranto.

     Ero uno qualunque, sono uno qualunque. Ma non aver paura: non ti farò del male, né desidero atti d’esorcismo da te. Lasciami soltanto stare un po’ qui, con la spalla appoggiata a questo lampione nel tuo sonno. Nessuno mi sogna più. Saresti così gentile da non scacciarmi sùbito? Il tuo sonno è più caldo dell’acqua del Canale d’Otranto in cui è disperso il corpo cui appartenevo. Dopo la promiscuità dei barconi sovraccarichi di gente la solitudine nella morte-per-acqua è indicibile.

     Oso chiederti un’altra cortesia: sogna, ti prego, una luce di lampione più viva, dammi l’illusione di pochi attimi che il mondo sia ancora prossimo (sapessi com’è mostruosa la tenebra intorno quando il barcone arranca giostrato dalle correnti!)

     Dirai forse che sono un ospite arrogante e molesto dentro questo sogno che ti appartiene. Il lampione pallido contro cui mi appoggio a fumare un’inesistente sigaretta è l’unico Occidente cui sono riuscito ad approdare. Io sono un mendicante: fortunato te che non hai mai dovuto mendicare neppure l’accondiscendenza ad essere sognato per pochi minuti.

     È lo striminzito lampione acceso nel tuo sogno il solo Occidente cui sono riuscito ad approdare navigando su un barcone stracarico da sponda a sponda, na bregu ngë breg.”

     Sailing to Byzantium già qui, nelle stradine di Otranto.

Secondo il canone architettonico bizantino

la Chiesa di San Pietro è simbolo:

la nuda rudezza dell’esterno – e splendore però nell’interno; 

        τὸ σῶμα καὶ ἡ ψυχή ;

l’umile involucro e – l’artificio dell’eternità[1]

ἡ σκιὰ καὶ τὸ φῶς       .

     Sguardi verso l’Oriente.

     In tutta la Terra d’Otranto aprono i ricci di mare in punta di coltello –

appare la rossa stelliforme che

ha il profumo dello scoglio, del coito e della vita.

     Nella cappella sul porto[2] antichi capitani

esperti d’erotismo e di cacce agli squali

navigano il porfido

del silenzio. Interroga.

Alla Fontana ellenistica

un Santo in abito talare

beve l’acqua impetrando lo lavi

dalla certezza che Dio è

remotissimo, di queste Terre oblioso.

Consummatum est.

Sulla spiaggia della Purità

la  tocca le opere degli uomini

e pesci suonatori di tamburi parlano

lingue orientali. Attendi.

     La Terra d’Otranto è anche altro da quel che appare ai sensi, ma neppure il suo rovescio è l’approdo.

     Si entra, provenendo dall’Oltremare, nel cielo otrantino, ci si affaccia sul segreto delle terrazze, sull’Albero della Vita del monaco Pantaleone che capta e rimanda messaggi, ed ecco, si è in quello che sta oltre:

sonno, frattura temporale, rosa di nessuno, entropia, gioco a nascondere, lamina orfica

     o che altro:

uovo di Leda, lente di Cracovia, libro della Smorfia, versante est, notte talismanica, aleph.


[1]              W. B. Yeats: “…and gather me / into the artifice of eternity” , da Sailing to Byzantium.

[2]              La città della quale vengono qui citati alcuni luoghi è Gallipoli sullo Jonio.

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