di Antonio Devicienti
L’olivo segna la soglia, l’entratura, l’incominciamento. Un antichissimo recinto di muri a secco per le capre. La terra rossa. Sterpi adusti dalla Canicola.
Il labirinto non abbisogna di ciclopiche opre murarie. Basta la mente.
La pietra
“Ieu suntu la pethra (io sono la pietra) e sono anche la luce e il tempo.
Eme ‘o lisàri (io sono la pietra) e sono anche l’olivo e il mare.
Eme e placa (io sono la pietra) e sono anche la parola e la scrittura.
Suntu pethra, mare, àrvulu, tempu e cuntu”.
Eccola che viene, è la grande Estate, è pietra accesa di caldo e d’inquietudine, è minaccia, è danza di veleno e di pozzo prosciugato, è la Canicola che sogna i suoi figli, è la Canicola luce nera, genera figli ossessi di sogni, i sogni diventano pietra, diventano nella pietra labirinto: pozzo, oscurità, inquietudine e caldo alito di fuoco, in spirale che s’innalza fino al cielo a generare la stella della Canicola.
È la grande Estate che viene, che ritorna, che pazzìa, è spirale di fuoco, inquietudine, oscurità e pozzo che ridiscende avventandosi sulla terra fatta polvere, sull’ossessione del sogno, è la stella della Canicola – essa ritorna in folate di fuoco, in serpenti velenosi d’inquietudine, figliamadre del Chaos, matrice delle visioni, radice delle ossessioni.
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