di Antonio Errico
Ci sono tempi in cui la conoscenza della storia risulta necessaria. Ce ne sono altri in cui quella conoscenza necessaria diventa indispensabile, essenziale, urgente. Perché i fatti che accadono hanno bisogno di riferimenti concreti e di attendibili comparazioni delle cause e degli effetti. Perché conoscere la storia significa tentare in ogni modo di rimuovere le cause dell’indesiderato evitandone di conseguenza gli effetti. Perché la conoscenza della storia può proporre soluzioni dei conflitti diverse da quelle che hanno prodotto tragedie.
Quelli che viviamo sono tempi in cui la conoscenza della storia è indispensabile, essenziale, urgente. E’ indispensabile attribuire un senso attivo alle categorie che rappresentano esperienze. E’ essenziale ribadire le differenze tra quello che produce benessere, sviluppo progresso, e quello che produce l’esatto contrario di ciascuno dei tre termini e dei tre termini messi insieme. E’ urgente comprendere che gli errori e gli orrori non si possono e non si devono ripetere.
Ma forse l’apprendimento della storia è difficile, complicato, faticoso. Storia è sinonimo di uomo, e l’apprendimento di che cosa sia l’uomo è difficile, complicato, faticoso. Qualche volta si ha l’impressione che comprendere l’uomo sia perfino impossibile.
E’ difficile entrare nella storia, districarsi tra le innumerevoli trame, i suoi intrecci complessi, confrontarsi con la folla sconfinata dei personaggi, decifrare i suoi mutamenti continui, le circostanze vorticose, interpretare gli improvvisi ribaltamenti di prospettive, trovare una logica nelle contraddizioni, decodificare i significati palesi e nascosti. E’ difficile. Anche perché quando si fanno i conti con la storia, il risultato non è quasi mai quello che ci si aspetta, e due più due non fa mai quattro ma fa sempre cinque, cento, mille. Oppure zero. Qualche volta può anche succedere che faccia quattro: ma in quel caso può darsi che il conto sia addirittura sbagliato, o truccato.