di Antonio Lucio Giannone
Occorre chiarire preliminarmente che i racconti e le prose di Giovanni Bernardini compresi in questo libro (Altri giorni, altri racconti, Lecce, Argo, 2008)sono stati composti in un arco di tempo di quasi cinquant’anni, dal 1955 al 1999. Ciò spiega la varietà tematica e stilistica della raccolta ma anche la presenza di alcune costanti della narrativa di Bernardini della quale essa si può considerare, anzi, una sorta di ideale sintesi. Altri giorni, altri racconti permette perciò di ripercorrere l’itinerario dello scrittore abruzzese-salentino nelle sue tappe principali, dalla stagione neorealistica fino all’approdo a un moderato sperimentalismo e alla scrittura umoristica degli ultimi tempi, passando attraverso altre fasi ugualmente rilevanti.
Una costante dell’opera letteraria di Bernardini, in prosa e in versi, è rappresentata indubbiamente dall’attenzione rivolta al Sud e alla “condizione” meridionale, della quale egli è stato un testimone partecipe e appassionato. E un esempio significativo in tal senso è costituito dal primo racconto presente nel libro, Gente in piazza, composto nel 1955, che documenta la sua adesione al neorealismo Non a caso esso coincide cronologicamente con l’inizio dell’esperienza della rivista leccese “Il Campo”, che delle istanze neorealistiche si fece portavoce nel Salento, e alla quale lo scrittore collaborò fin dal secondo numero diventandone in seguito uno dei direttori. Qui l’autore offriva una rappresentazione delle condizioni di vita in una estrema provincia meridionale nei primi anni Cinquanta, non trascurando alcun elemento che potesse in qualche modo caratterizzarle: dal duro lavoro quotidiano della povera gente ai giochi dei ragazzi, dalle feste tradizionali agli scontri politici ed elettoralistici. Era questo un tema che Bernardini avrebbe approfondito in seguito altre volte non solo nei racconti ma anche attraverso impegnate inchieste e reportage sulla realtà socio-ambientale del Salento apparsi proprio sul “Campo” e su altri periodici.
In Gente in piazza c’è una dimensione corale, collettiva e protagonisti risultano nella stessa misura tutti i vari personaggi che fanno la loro comparsa sul «grande teatro» naturale costituito dalla piazza del paese. Ma qui non è soltanto l’aspetto sociale che interessa all’autore, al quale sta a cuore anche la sorte di tante creature che egli segue con trepida attenzione, con intima partecipazione, superando i possibili rischi del bozzettismo. E non c’è dubbio che le sue simpatie maggiori vadano proprio verso le figure più umili ed emarginate, le quali diventano simbolo di una dolente condizione di vita, di una quotidiana pena d’esistere. Alla figura del vetturale, in particolare, l’autore riserva la funzione di una prima, aurorale presa di coscienza “politica”, la quale si contrappone al fatalismo e alla rassegnazione manifestati dalla moglie, così caratteristici peraltro della mentalità meridionale.