“Dḍa (m)mera”, ovvero della lontananza

E ci sono adesso, in questi giorni, scritture che guardano a una ḍḍa mera che è, anche, il nostro stesso essere Salentini, non importa se “spatriati” o rimasti a vivere nel Salento o ivi ritornati: c’è quella di Mario Desiati, quella di Andrea Donaera, quella di Ilaria Seclì, di Simone Giorgino, di Annamaria Ferramosca, di Stefano Modeo, di Marco Vetrugno…

C’è stata (ma, come sempre è dell’arte, c’è ancora) quella di Antonio Leonardo Verri, di Salvatore Toma, di Claudia Ruggeri e poi c’è la pittura di Edoardo De Candia, di Nino Della Notte, di Vincenzo Ciardo…

È ḍḍa mera il nostro essere legati alla nostra pietra (sapiente e come vivente) che, stratificata o affiorante o composta nei muri a secco, segna anche il nostro paesaggio interiore, ḍḍa mera sono gli olivi nella cui tenacia e silenziosa nobiltà ci riconosciamo e, insieme, la malaugurata xylella fastidiosa, concretissimo male ma anche simbolico di malesseri e di incompiutezze atavici che dobbiamo e vogliamo risolvere. 

«Sono nato e cresciuto nella pianura. Una penisola: i due mari, nei quali si stende la terra assottigliandosi alla punta, mandano la loro luce sulle campagne, sulle torri saracene che guardano le coste, sugli immensi mantelli di ulivi tagliati da righe d’asfalto» – avvia così le pagine intitolate Il paese che è laggiù Antonio Prete (pp. 146 – 148) nel suo Trattato della lontananza (Bollati Boringhieri, prima edizione Torino 2008); in tutto il libro si dice della lontananza, di ḍḍa mera, cioè, e la si dice per congiunzione di esperienze personali e di letture (i prediletti Leopardi, Jabès, Baudelaire e tanti altri), la si dice traverso situazioni, luoghi, stati d’animo (l’addio, l’orizzonte, lo sguardo…), percorrendo i territori sconfinati dell’arte e della memoria, del desiderio e dell’immaginazione. Perché senza la lontananza, che è dentro di noi prima ancora che fuori di noi, saremmo esseri dimidiati, forse soddisfatti di banali immediatezze e vicinanze, ma poveri d’immaginazione e di slanci.  Perché è la stessa scrittura a inoltrarsi ḍḍa mera.

Infine non dimentichiamo che ḍḍa mera può essere, anche, terra di guerra e di eccidi, non dimentichiamolo mai: il Salento, che da sempre ha un suo legame privilegiato con l’Oriente, già terra d’imbarco di eserciti (all’epoca dell’Impero Romano d’Occidente e al tempo delle Crociate) continua a guardare a Est, pochi anni fa ḍḍa mera è stata, anche, Sarajevo assediata e in questa incipiente primavera del 2022 ḍḍa mera è le terre devastate sulla sponda settentrionale del Ponto Eusino…     

[“La dimora del tempo sospeso” del 2 aprile 2022]

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