Ma forse la domanda più complessa riguarda gli autori della bellezza che potrà essere salvezza. Si sa che la relazione tra l’autore e l’opera è fisiologica, strutturale: implica visioni del mondo, immaginario individuale e collettivo, cultura, formazione, sentimenti, percezioni, emozioni, creatività, fantasie. La prima risposta che si potrebbe azzardare è che gli autori non potranno essere coloro che adesso hanno più di vent’anni. Potranno essere quelli che ora hanno fino a vent’anni e quelli che verranno d’ora in avanti. Perché coloro che contano fino a vent’anni e coloro che verranno hanno e avranno una diversa sensibilità nei confronti della Terra e un diverso progetto per la sua salvezza. Se nel tempo in cui la visione del mondo si va conformando si stabilisce un rapporto con le espressioni della bellezza, con molta probabilità da quelle forme sarà attraversata tutta l’esistenza. Si cercherà la bellezza dappertutto, in ogni essere e in ogni luogo, in ogni fenomeno e in ogni circostanza, nel presente e nel passato; si ipotizzerà un’altra, nuova bellezza per il futuro. Si guarderanno le rappresentazioni e si ascolteranno le voci del mondo con una sensibilità e un metodo che consentiranno di percepirne e di comprenderne le assonanze e le dissonanze, di interpretarne i fenomeni, di stringere in una sola dimensione la loro apparenza e la loro essenza. Si assaporerà la bellezza che appare; si cercherà di scoprirla laddove non traspare. Perché ha ragione Marguerite Yourcenar quando nel suo romanzo fa dire ad Adriano:“ Chi ama il bello finisce per trovarne ovunque, come un filone d’oro che scorre anche nella ganga più ignobile”.
Poi: il tempo in cui si configura la visione del mondo coincide con quello che propone le prime impressioni che riguardano l’idea di verità e i dubbi e le domande intorno a quell’idea che dureranno per quanto durerà la vita.
Allora si può dire che a volte verità e bellezza si incontrano su una soglia di pensiero. Con consapevolezza, con inconsapevolezza, con serenità, con sofferenza, con qualche certezza, con incertezze infinite. Forse verità e bellezza sono la sostanza di ogni conoscenza, quello che resta dentro, intimamente. Lo ha detto, mirabilmente, John Keats nei due versi che chiudono “ Ode on a Grecian Urn” : Beauty is truth, truth beauty’, – thats is all/ ye know on earth,and all ye need to know; la bellezza è verità, la verità è bellezza – che è tutto / quanto sappiamo e dobbiamo sapere sulla terra.
Forse la diversa sensibilità, il diverso, inedito progetto, comporterà l’ignorare o almeno il trascurare la bellezza pensata, progettata, realizzata nei secoli. Forse comporterà il rifondare quella bellezza, l’attribuzione di nuovi o rinnovati significati, la proiezione nel presente che sarà delle sue forme, dei suoi canoni, dei suoi modelli.
Comunque sarà una bellezza per molti aspetti a noi sconosciuta. Perché la bellezza è parte del tempo, appartiene al tempo e alle creature che lo attraversano a volte anche con l’ansiosa ambizione di governarlo. La bellezza appartiene al tempo sia quando costituisce una rappresentazione delle sue manifestazioni, sia nel casi in cui alle manifestazioni del tempo si contrappone. Sia quando si propone come conferma della Storia, sia quando intende esserne una smentita.
Probabilmente non sarà la bellezza a salvare la Terra. Ma forse la bellezza, la nostalgia e il desiderio di una bellezza antica o nuova nel contesto di una complessiva conoscenza, potrà costituire la condizione essenziale per una finalità e un metodo che consentano la salvezza di un pianeta che è il più bello dell’universo. Non ne abbiamo nessuna certezza ma ci piace pensare così.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 27 marzo 2022]