di Antonio Lucio Giannone
Raffaele Carrieri è stato uno dei protagonisti della vita letteraria e artistica italiana del Novecento. Nato a Taranto nel 1905, dopo una giovinezza avventurosa in giro per mezza Europa e il Mediterraneo, nel 1930 si trasferì a Milano dove svolse un’intensa attività come poeta, narratore e critico d’arte. Dopo la morte però, avvenuta a Lombrici di Camaiore nel 1984, il suo nome è stato un po’ dimenticato e la multiforme opera di Carrieri non ha ricevuto l’attenzione che merita da parte della critica. Un segno di rinnovato interesse nei suoi confronti è rappresentato dalla recente ristampa di uno dei suoi primi libri, Fame a Montparnasse, apparso per la prima volta a Milano presso la Casa editrice Bietti nel 1932, cioè esattamente novant’anni fa. Il volume, a cura e con introduzione dello scrivente e con un profilo dello scrittore di Simone Giorgino, ha visto la luce nella collana “Novecento in versi e in prosa” delle edizioni Musicaos di Neviano (Lecce), dove già sono uscite le Poesie di un altro illustre poeta pugliese del secolo scorso, Girolamo Comi.
Fame a Montparnasse, che reca il sottotitolo Ultime scene della Bohème è un’opera a carattere autobiografico ispirata alla permanenza parigina dell’autore che si recò nella capitale francese in cerca di gloria e fortuna per la prima volta nel 1923 e poi nel ‘25. Qui condusse una vita da bohémien, frequentando pittori, letterati e musicisti provenienti da ogni parte del mondo che vivevano a Montmartre e Montparnasse, i famosi quartieri degli artisti dove sono ambientate le storie del libro. Quest’opera prende come ideale modello Scènes de la vie de bohème di Henri Murger, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1851, a cui Giacomo Puccini si ispirò per la sua celeberrima Bohème.
In questo libro Carrieri descrive, dunque, il periodo vissuto a Parigi, risultato decisivo per la sua formazione e la sua futura attività. La capitale francese era allora il centro indiscusso della Modernità artistica e letteraria. Nel 1920 era morto Amedeo Modigliani, di cui l’autore del libro nelle pagine iniziali rievoca il misero funerale con la bara portata a spalla da Picasso e altri suoi amici. A Parigi lo scrittore tarantino frequentò e conobbe direttamente molti dei grandi artisti ivi residenti, respirando l’atmosfera delle prime avanguardie novecentesche, ma anche tanti altri che aspiravano a diventare famosi, spesso senza riuscirci.