Tornando alla causa della guerra, abbiamo detto che essa risale più indietro rispetto al pretesto e all’inizio. Essa può essere individuata nella minaccia che la Russia ritiene di subire dall’installazione dei missili della NATO in Ucraina nel caso che questa aderisse all’Alleanza. Si può dire che questa minaccia è puramente ipotetica, ma ciò non muta la percezione che di essa ha la Russia (lo stesso si può dire della reazione degli Stati Uniti alla minaccia dei missili sovietici a Cuba nel 1962). L’importanza del problema, per la Russia, è evidenziata da fatto che Putin ha posto la questione più volte negli ultimi anni, non ricevendo mai una risposta precisa. Egli ha sempre affermato di volere una risposta ‘scritta’, perché le assicurazioni orali, fatte a Gorbaciov dopo la fine dell’Unione sovietica, che la NATO non si sarebbe espansa a est sono state platealmente disattese visto che dopo quella data molti paesi dell’ex blocco sovietico (Polonia, Cechia, Slovacchia, Bulgaria, Romania, Estonia, Lettonia, Lituania) sono entrate a far parte della NATO. Queste adesioni non hanno provocato reazioni da parte russa, reazioni che invece si sono manifestate in occasione del temuto ingresso dell’Ucraina per la semplice ragione che l’Ucraina confina con il territorio russo. Negli ultimi tempi, nei vari incontri tenuti nel periodo in cui si andava preparando l’azione contro l’Ucraina, vi sono stati scambi di documenti tra la Russia e gli Stati Uniti, in cui la richiesta di non espansione della NATO in Ucraina è stata formulata per iscritto con la richiesta di una risposta scritta; ma a questa richiesta è stata data sempre una risposta evasiva. Che il desiderio di Putin fosse quello di ottenere questa risposta è dimostrato, a mio parere, dal fatto che la preparazione dell’invasione è stata molto lunga, quasi a dare alla NATO il tempo di rispondere. Passato questo tempo, Putin ha pensato di dover pretendere che la risposta fosse data dall’unica altra parte (oltre alla NATO) che poteva darla, cioè l’Ucraina. Perciò si può dire che vi è una responsabilità della NATO nel non avere preso sul serio le richieste di Putin, pensando di poter trattare la Russia come il Burkina Faso (con il dovuto rispetto per il Burkina Faso).
Risalire oltre questi fatti e chiamare in causa intenzioni di Putin, quali il desiderio di ricostituire l’Impero russo o addirittura l’Unione sovietica, non aiuta a capire la situazione e non contribuisce alla ricerca di una soluzione praticabile. E non è serio nemmeno appellarsi a presunte alterazioni mentali o psicologiche di Putin: queste illazioni fanno parte del tentativo di ‘costruire il nemico’ (U. Eco) per giustificare i propri comportamenti ostili.
La giustizia
Sino a questo punto si può dire che la reazione di Putin ha una sua giustificazione. Si tratta di una reazione ‘giusta’, nella misura in cui la decisione di invadere intende reagire all’offesa che è stata fatta della mancata attenzione ad una esigenza ritenuta giusta. Una precisazione: alla base dell’idea di giustizia vi è, fin dai Greci, la nozione di un equilibrio tra le parti che sono in rapporto tra loro; la nozione può essere illustrata dal principio fisico secondo cui ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. In base a questo principio si potrebbe dire che la reazione di Putin è stata, all’inizio, uguale e contraria a quella della NATO (e dell’Ucraina) consistente nel rifiuto di una assicurazione scritta (la stessa motivazione può essere riconosciuta alla base dell’intervento americano in Afghanistan, a seguito dell’offesa delle Due Torri). Ma c’è un punto in cui questo equilibrio si è rotto: se la guerra si fosse limitata al confronto fra eserciti, essa avrebbe avuto una sua giustificazione; nel momento in cui essa ha interessato la popolazione civile ed ha portato alla morte di persone inermi, si è aggiunto un sovrappiù di violenza che ha prodotto una ‘ingiustizia’ a sfavore di Putin.
Ma ci si può chiedere: esisteva un modo diverso di reagire all’ingiustizia del rifiuto oppure la rinuncia ad una reazione avrebbe significato la condanna definitiva della Russia ad una posizione subordinata nel panorama europeo e mondiale? La domanda potrebbe essere posta in altro modo: la difesa dell’onore politico può essere fatta con dispendio di vite umane? Certamente no.
Quando inizia una guerra, la sua logica va oltre i calcoli razionali e Putin può essere considerato responsabile dei danni a carico dei civili che essa provoca. Si potrebbe dire che tali danni non sono estranei a nessuna guerra (in Afghanistan, per esempio, sono stati circa 50.000 i civili morti durata l’invasione americana). Ma, lasciando solo a lui questa ultima responsabilità, risalendo lungo la catena delle cause, può l’Europa dimenticare le sue inadempienze e non sentirsi in parte responsabile della dinamica che ha portato alla guerra?
Il ruolo dell’Europa
In tutte queste vicende l’Europa ha avuto un ruolo del tutto passivo e acritico, è apparsa come “una pura espressione geografica”. Si è allineata subito ai proclami degli Stati Uniti che hanno suonato le trombe di guerra contro la Russia, la quale è stata sempre considerata da loro come l’’impero del male’. L’Europa non ha fatto valere le sue ragioni che vogliono un rapporto diverso con la Russia non tanto per convenienze economiche, che potrebbero essere anche superate, quanto per le affinità culturali che a pieno titolo inglobano la Russia nell’Occidente. I governanti dell’Europa non hanno esitato a indossare l’elmetto per darsi un tono di ‘durezza’ e per non apparire deboli, come di fatto sono, non avendo una loro forza militare ma dipendendo totalmente da quella degli Stati Uniti.
In effetti, l’Europa non ha formalmente fatto la guerra alla Russia. Ma di fatto vi è entrata perché ha inviato ufficialmente armi agli Ucraini, ha scatenato una violentissima guerra commerciale e finanziaria tesa a strangolare l’economia russa (lo Swift è, come ha detto il ministro francese La Maire, “l’arma nucleare finanziaria”) ed ha colpito indiscriminatamente cittadini privati (i cosiddetti ‘oligarchi’) e atleti, russi e bielorussi (questi ultimi non direttamente implicati nella guerra).
Che cosa avrebbe potuto fare l’Europa? Come già detto, nella fase precedente l’inizio della guerra avrebbe potuto prendere nella giusta considerazione le esigenze della Russia in tema di sicurezza, sostenerle nell’ambito della NATO, anche nei confronti degli Stati Uniti, e favorire la stipula di un accordo equo anche con il concorso dell’Ucraina.
Che cosa può fare ora l’Europa? Oltre a provvedere alla doverosa accoglienza degli sfollati l’Europa, più che fornire aiuti militari alla giusta reazione ucraina, dovrebbe assumere una decisa iniziativa per favorire l’instaurazione di colloqui di pace, che in questo momento sono ancora possibili sulla base delle condizioni poste dalla Russia:
– neutralità dell’Ucraina;
– indipendenza del Donbass;
– cessione della Crimea.
Allo stato attuale, che vede la Russia temporaneamente in difficoltà sul campo, la trattativa non sarebbe conseguente ad una resa, ma sarebbe, per così dire, un colloquio alla pari.
Tuttavia, dati gli atteggiamenti bellicisti assunti dall’Europa, essa non può avere credibilmente il ruolo di mediatore; potrebbe farlo favorendo iniziative esterne, per esempio promuovendo l’istituzione di una Conferenza di pace con attori internazionali.
Si dice che la eventuale trattativa non sarebbe sincera e decisiva. Potrebbe anche darsi, ma se non si vanno a vedere, come si dice, le carte non si può dire se la disponibilità a farla è vera o no. Vale comunque la pena di tentare. Il buon esito della trattativa avrebbe come effetto la cessazione delle ostilità e quindi il risparmio di vite sia da una parte che dall’altra. Inoltre si potrebbe avviare un progressivo ritorno alla normalità col possibile rientro dei profughi nelle loro case. Il contributo specifico dell’Europa potrebbe essere quello di convincere l’Ucraina a rinunciare alla richiesta di ingresso nella NATO in cambio di un rapido ingresso nella UE, che, a quanto si sa, non viene avversato dalla Russia.
L’irrigidimento su posizioni intransigenti da parte dell’Ucraina non fa altro che produrre nuove morti. E risulta illusorio, per il momento, il coinvolgimento della NATO nelle operazioni militari, coinvolgimento che non può avere luogo pena l’allargamento incontrollato del conflitto. Eppure appare chiaro che il segreto pensiero degli Ucraini fosse quello di un pronto intervento della NATO al loro fianco con la conseguente deflagrazione di un conflitto mondiale. Una ipotesi irresponsabile, ribadita più volte specialmente dagli interventi appassionati di Zelensky, che cerca di dettare la linea di condotta a tutta la comunità europea. Compito di chi governa non è soltanto quello di incitare alla guerra, ancorché giusta, ma anche di saper fare la pace quando questa corrisponde al bene del proprio popolo.
L’alternativa, bisogna saperlo, è vedere giovani europei (italiani compresi) partire per la guerra sul fronte orientale.
Conclusioni
Allo stato attuale non si sa come gli eventi si evolveranno, se prevarrà la ragionevolezza o l’estremismo.
Comunque, l’esito del conflitto dirà qualcosa su alcune questioni rilevanti:
1) se la Russia sarà ancora una potenza mondiale o solo regionale e, parallelamente, se l’Ucraina avrà un ruolo defilato o sarà l’avamposto dell’Europa nell’est europeo;
2) se la Russia farà ancora parte dell’Occidente o se verrà ricacciata verso Oriente in un abbraccio sempre più stretto (e innaturale) con la Cina.
Merci, Monsieur, pour votre article à propos de la guerre russo-ukrainienne, une mise au point très claire, documentée, une approche distanciée finalement pleine de générosité et de sagesse.
“Ragionando…” oui, recourir à la raison est plus que jamais nécessaire en ce temps mortifère d’exacerbation des passions.