Gozzano ha la consapevolezza che il mondo sia totalmente inautentico, che l’arte non dura in eterno, che non dura in eterno la poesia, che i versi invecchiano anche prima di noi, che la vita poteva trovare un senso soltanto trasformandosi in parodia, rifacimento, citazione. Ma, come sostenne Montale, Gozzano è stato anche il primo dei poeti del Novecento che sia riuscito ad “attraversare D’Annunzio” per approdare ad un territorio suo. La poesia appartiene alla giovinezza e Guido Gozzano giovinezza non ne ha mai avuta. A venticinque anni già si sente vecchio. In una poesia dei Colloqui – In casa del sopravvissuto– scriveva: “Penso, mammina, che avrò tosto venti-/cinqu’anni Invecchio! E ancora mi sollazzo/ coi versi! E’ tempo d’essere il ragazzo/ più serio, che vagheggiano i parenti./ Dilegua il sogno d’arte che m’accese;/ risano poco a poco, anche di questo!/ Lungi dai letterati che detesto,/ tra saggie cure e temperate spese,/ sia la mia vita piccola e borghese:/ c’è in me la stoffa del borghese onesto”. Così questo ragazzo che ha paura d’invecchiare a venticinque anni, elabora le figurazioni di un mondo piccolo-borghese, che prima di lui non aveva esistenza e che dopo di lui abbiamo chiamato gozzaniano. Insomma, Gozzano riesce a far comprendere che esiste una verità del falso ed una falsità del vero, che il mondo ha una sua bellezza e una sua bruttezza che spesso si confondono, che l’ironia è un metodo per comprendere il senso profondo delle cose e in qualche caso per difendersene, che è meschino illudere se stesso ed ancora più meschino illudere gli altri, che la modestia, il pudore, sono una maniera per tentare, se mai fosse possibile, di salvarsi la vita. La supponenza, l’arroganza, il sussiego, l’alterigia, la tracotanza, sono all’origine della tragedia. Per capire se questo è vero, basta considerare un attimo la Storia e guardarsi appena appena intorno. Per questo, se non altro, Gozzano è un grande poeta.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di sabato 6 agosto 2016]