di Cosimo Scarcella
Fuga dal mondo e missione nel mondo
L’eremita è una persona che s’allontana dal mondo e si rifugia in luoghi solitari e silenziosi, per dedicarsi alla preghiera e alla penitenza. Questa scelta di vita è vista e interpretata in modi diversi e talora anche opposti: da una parte viene considerata come una forma più elevata di vita e, quindi, adatta e riservata a pochi; dall’altra parte se ne additano e accusano i lati negativi, soprattutto l’incapacità (o anche solo la difficoltà) a offrire la propria opera agli altri mediante un utile servizio quotidiano, correndo il rischio di scambiare forme ingannevoli d’egoismo personale con la volontà di Dio. Questo pericolo fu sperimentato da don Quintino Sicuro, il quale, però, seppe dare prova di lealtà totale e sofferta; infatti, accettò d’obbedire con umiltà alle convinzioni dei suoi direttori spirituali, che sospettavano che nelle sue aspirazioni di ritirarsi nell’eremo ci fosse “un falso punto d’orgoglio” o “un’esaltazione momentanea” e, comunque, temevano che fossero una “tentazione del demonio”; nello stesso tempo, però, seppe attendere con fiducia e perseveranza che maturassero i tempi, in cui apparisse chiaro a tutti ch’egli desiderava solo ubbidire a una scelta radicale dettata dalla sua coscienza e che voleva fare “semplicemente la volontà di Dio e che stava bene, perché sulla sua strada”.
Normalmente, però, la tradizione ecclesiale ha sempre ritenuto possibile intraprendere la vita eremitica solo dopo un tempo abbastanza lungo di vita condotta in comunità religiose e con l’esplicito assenso d’un padre spirituale. E questo, in verità, sembra alquanto opportuno ai nostri tempi, in cui stanno comparendo forme sempre diverse di eremitismo. Infatti, oltre alla forma classica dell’eremitismo “solitario” (in cui ci si ritira da soli in luoghi isolati), si sta estendendo la forma dell’eremitismo “urbano” (in cui l’eremita rimane dentro la città e il suo frastuono) e stanno tornando attuali le cosiddette “colonie” di eremiti, cioè quelle in cui vivono e collaborano più eremiti presenti in un’area vicina più o meno vasta. All’opposto, sta rinascendo anche il modello “certosino”, in cui si conduce una vita in totale solitudine, ma in strutture comunitarie. In tutte queste forme, comunque, si cerca il “deserto”, da intendere non come luogo fisico, ma come condizione personale intima e spirituale, grazie alla quale l’eremita ha l’opportunità di ritirarsi in disparte e di dissentire dai modi di pensare e di agire dei più (quando lo ritenga giusto). Vivendo in questa solitudine interiore, l’eremita accoglie ogni forma di privazione, valuta e verifica ciò che è necessario davvero, rinuncia al superfluo, resta in silenzio e ascolta, salvaguarda l’integrità della sua ragione e l’autonomia del suo giudizio.