Sulla base di queste evidenze si può stabilire che questa guerra non ha ricadute neutrali né sul fronte interno (penalizza maggiormente i percettori di redditi bassi e fissi) né rispetto alle aree territoriali: nel medio periodo penalizza maggiormente il Mezzogiorno in quanto area fortemente dipendente dal settore più esposto, ovvero il turismo, ma già nel breve periodo penalizza anche il Nord in quanto maggiormente esposto nelle catene globali del valore. Come ricordato da Coldiretti Puglia, è a rischio l’arrivo di oltre centomila turisti in Puglia, con ricadute soprattutto nel settore dell’agroalimentare. È la speculazione finanziaria sui titoli dei prodotti energetici e alimentari, su scala globale, a trarre i maggiori benefici in uno scenario di economia di guerra.
Tuttavia, se lo scenario è quello di una guerra breve e “locale”, occorre considerare che il Pil dell’Ucraina pesa per il solo 0.2 del Pil globale e che i timori di interruzione delle esportazioni energetiche dalla Russia paiono al momento abbastanza remoti, dal momento che le esportazioni di energia costituiscono la metà del suo bilancio e l’intera economia russa è fortemente dipendente dalla vendita all’estero di materie prime. Il problema è che ovviamente gli esiti del conflitto armato sono del tutto incerti e che questa incertezza, combinata con la speculazione, viene scontata nella formazione dei prezzi tendendo ad aumentarli.
Lo scenario più verosimile che ci attende è quello della stagflazione: elevata inflazione che coesiste con elevata disoccupazione. Non è uno scenario tranquillizzante, a fronte del quale non pare che il Governo italiano – né l’Unione europea – sia attrezzato per una risposta adeguata. La diversificazione delle fonti di energia richiede tempo, quantomeno per arrivare a una indipendenza apprezzabile rispetto al gas russo. Nel frattempo, per fenomeni di isteresi, il calo della produzione interna può non essere assorbito. Il potenziamento dell’uso dell’energia eolica potrebbe essere una parziale e ragionevole soluzione, benefica, peraltro, sotto molti punti di vista. Innanzitutto si tratta di un’energia ‘pulita’ che dovrebbe accompagnare la transizione energetica anche in assenza del conflitto armato. In secondo luogo, si tratta di una fonte facilmente reperibile in Italia e, in particolare, nel Mezzogiorno.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 15 marzo 2022]