Gioacchino Toma. Tra Curia e incuria: a proposito delle due tele tricasine

di Massimo Galiotta


“SS. Cosma e Damiano” e “Mater Divinae Gratiae”, visione d’insieme.

Lo scorso anno, contestualmente all’evento espositivo costruito intorno all’autoritratto di Raffaello, il MART di Rovereto ha allestito una serie di mostre che intendevano mettere in dialogo il concetto classico di arte con quelli di moderno e contemporaneo. Così la Nascita di Venere di Botticelli (1485 ca.) ha potuto dialogare con la Venere degli stracci (1967) di Michelangelo Pistoletto e oltre, mettendo addirittura sul piano del confronto gli scatti fotografici di una “venere” dei nostri tempi, “la Ferragni”: dunque, seppure non sullo stesso piano, l’influencer ha provato a reggere un confronto impari con due opere del passato, un capolavoro assoluto e uno relativo della storia dell’arte.

Tra le altre si poteva visitare anche la mostra Giovanni Boldini. Il Piacere: nella prima sala l’allestimento metteva in luce due piccole opere giovanili dell’artista della “Belle Époque” parigina. Un piccolo autoritratto e una scena di genere del giovanissimo pittore quattordicenne, esposte d’entrée. Ma se paragonati i due quadretti sono nulla in confronto alla qualità e alle dimensioni delle due tele di Gioacchino Toma abbandonate a Tricase. Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi 1931), infatti, deve la sua fortuna critica alla storia dell’arte recente, sembra sia il caso di dire «è un artista alla moda», eppure non è sempre stato così: era valutato come un pittore secondario, le sue opere giudicate minori, ripetitive; per i soggetti trattati e velocità di realizzazione ritenute delle prove in estemporanea, dunque di minor valore. Gioacchino Toma invece, per tutto il secolo ventesimo ritenuto tra i maggiori autori dell’800 italiano, con le sue opere presenti nelle maggiori collezioni pubbliche e private, vive oggi un periodo di profondo oblio.

«La Regione Puglia – così si legge sul sito della Curia Vescovile di Ugento – (Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio, attraverso la Sezione Tutela e Valorizzazione dei Patrimoni Culturali) ha avviato una ricognizione rivolta a tutte le Diocesi pugliesi ed agli Enti Ecclesiastici presenti sul territorio regionale, che abbiano in proprietà beni culturali di interesse pubblico di rilievo storico-artistico-architettonico, per verificare l’eventuale fabbisogno finanziario connesso agli investimenti necessari per la valorizzazione del suddetto patrimonio, in funzione dei livelli di progettazione e, dunque, di cantierabilità disponibili». Le due pale d’altare di Tricase sono state individuate?

Dunque, a due anni dalla prima pubblicazione è necessario rilanciare la palla alle istituzioni, evidentemente Gioacchino Toma non è considerato per il suo reale valore storico e artistico, o forse, più semplicemente, non è più di moda? Eppure qualche tiepido interessamento iniziale alla causa c’è stato, ma il virus del Covid e il ben più dannoso virus dell’inerzia hanno fatto il resto. Le due pale d’altare sono ancora nello stesso luogo (Chiesa degli Ex Domenicani di Tricase – Diocesi di Ugento) e in condizioni certamente peggiori, vittime dell’incuria e di una cultura minore che non vuole, o meglio non crede alle sue infinite potenzialità: probabilmente sarebbe stato meglio per Toma nascere a Milano o forse a Ferrara? Cosa manca realmente alla nostra cultura, gli artisti o meglio i critici di spessore che spingano il pubblico verso questo e quell’autore?

M.G. – Calimera, 05/03/2022

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