In un tempo di incertezze d’ogni sorta, di terreni che smottano continuamente, di punti di riferimento che si allontanano o si dissolvono, di occasioni che si riducono o che si azzerano, il bisogno di un nuovo umanesimo si fa sempre più forte.
Umanesimo significa essere per l’umano, per l’uomo. Soprattutto per l’uomo che esprime un bisogno ulteriore, che grida più forte, che a volte – forse spesso – grida in un modo terribilmente silenzioso.
I nostri destini, e soprattutto quelli di coloro che abiteranno questo pianeta negli anni a venire, dipenderanno dalle decisioni che si assumeranno. Se avremo una vita migliore o peggiore dipenderà da questo. Forse anche se saremo più felici o meno infelici dipenderà da questo: dall’umanesimo che sapremo pensare e realizzare, dalle direzioni che daremo ai nostri cammini verso il progresso, dall’ accortezza di non attribuire al termine progresso lo stesso significato che ha quello di sviluppo, perché talvolta accade che i due termini raccontino storie diverse.
Forse è nell’esperienza che stiamo vivendo in questo tempo che la civiltà deve dimostrare il suo livello di coesione, la coerenza con i principi, l’aderenza ai significati essenziali di quella condizione che chiamiamo globale.
Perché se globale non significa concreta comunità, e se comunità non significa concreta condivisione, allora sia l’una che l’altra parola designano una pura astrazione.
Se solidarietà non significa mettersi a disposizione di chi in un tempo della propria storia ha più necessità, allora questa parola mostra tutti i caratteri di una menzogna.
Il futuro ci chiederà il conto: di quello che abbiamo o non abbiamo fatto per gli altri, di quello che abbiamo messo a disposizione degli altri. Ci chiederà il conto di quello che abbiamo fatto per il mondo intorno a noi o lontano da noi. E’ una frase fatta, però in questo tempo è per davvero che il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo.
Poi c’è un’altra cosa che è di una verità estrema, e riguarda la cultura, una parola che significa, semplicemente, visione del mondo e delle creature che abitano il mondo.
Ecco: c’è bisogno di riformulare, rifondare, ricostruire una cultura, di stabilire nuovi punti di riferimento o rinvigorire quelli già esistenti, di ripristinare il senso essenziale dell’essere insieme, di essere comunità. Forse, con una formula acquisita ma semanticamente rinnovata, si potrebbe dire che c’è bisogno di un nuovo umanesimo planetario, di un concetto di benessere, di sviluppo, di progresso che contemperi il locale e il globale, la parte e il tutto, di definire un orizzonte verso il quale procedere senza lasciare indietro, e disperso, nessuno.
Il futuro ci chiederà conto di tutto quello che sapremo fare in questo tempo di crisi strutturale che richiede, reclama, una nuova visione culturale e un’azione condivisa di risposta alla crisi. Ci chiederà conto della responsabilità che ci siamo assunti e del sentimento che proviamo nei confronti del mondo.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 6 marzo 2022]